Scenari europei nella gestione dei servizi idrici
di Emanuele Lobina e David Hall
PSIRU, Business School, University of Greenwich
Questo intervento è stato pubblicato su Servizi & Societá, Aprile 2010, pp. 29-31
Con il presente intervento intendiamo offrire alcune riflessioni per il dibattito sulla riforma dei servizi idrici in Italia, alla luce dell’esperienza europea in materia di gestione pubblica e gestione privata di tali servizi. I lettori che vogliano approfondire queste tematiche possono consultare i rapporti del PSIRU (Public Services International Research Unit) e seguire i relativi aggiornamenti come pubblicati sul sito www.psiru.org. Innanzitutto, occorre notare che il diritto comunitario degli appalti pubblici consente ai Paesi membri dell’Unione europea di prevedere la gestione in-house dei servizi idrici. Purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla sentenza Teckal (C-107/98) della Corte di Giustizia, la legge nazionale dei singoli Paesi membri puó ammettere l’affidamento diretto a operatori di proprietá e controllo interamente pubblici senza che si faccia ricorso alla gara per la selezione del gestore. Questo contribuisce a spiegare il perché in Europa, così come nel mondo intero, l’in-house rappresenti la forma predominante di gestione dei servizi idrici. Si stima che il 90% dei servizi idrici urbani a livello globale sia erogato da operatori pubblici[i]. In Europa, la percentuale relativa alla gestione pubblica è inferiore al 90% in quanto gli sforzi per l’apertura del mercato alle imprese private sono maggiori nei Paesi ad alto reddito che nei Paesi in via di sviluppo. Ciononostante, anche in Europa la maggioranza delle gestioni è in mano al settore pubblico e non vi è ragione di credere che si possa verificare un’inversione di tendenza nel futuro immediato. Questa previsione trova conforto nell’osservazione delle tendenze a favore di una crescente gestione pubblica o privata nelle 44 cittá che nell’Ue contano piú di 1 milione di abitanti. Tali cittá sono solite essere maggiormente appetibili per il settore privato rispetto a centri urbani di taglia inferiore e questo vale ancor piú per le aree rurali. Di queste 44 cittá al di sopra del milione di abitanti, 16 (ovvero il 36%) sono gestite da privati o imprese miste mentre i gestori pubblici servono le rimanenti 28 cittá (corrispondenti al 64%). Delle 16 cittá gestite da privati o imprese miste, 8 si trovano in Gran Bretagna e Francia che rappresentano le roccaforti storiche delle multinazionali del settore. Il che, quindi, non rappresenta una novitá nello scenario europeo. Altre 4 cittá si trovano nei nuovi Paesi membri dell’Ue, in cui l’affidamento a gestori privati è stato facilitato dalle particolarissime condizioni di transizione da un sistema socialista ad un’economia di mercato. Gli ultimi casi di privatizzazione del servizio tra le maggiori cittá europee sono avvenuti intorno al 2000 ed hanno riguardato Atene, Bucarest e Sofia. Successivamente al 2000, l’unico cambio di gestione è stato a favore del ritorno al settore pubblico con la recente rimunicipalizzazione del servizio a Parigi (gennaio 2010). Si tratta di uno sviluppo particolarmente significativo, non solo sul piano nazionale francese, ma anche su quello europeo ed internazionale. La decisione del sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, di adottare la gestione in-house è maturata dopo che la sezione regionale della Corte dei Conti francese nel 2000 ed i controlli degli uffici comunali nel 2001 avevano rilevato l’assenza di transparenza nell’organizzazione ed erogazione del servizio da parte dei gestori privati. Nel 1985, due affidamenti di 25 anni per la gestione del servizio di acquedotto nella capitale transalpina erano stati assegnati a societá del gruppo Veolia (per la riva destra della Senna) e Suez (per la riva sinistra). Entrambi gli affidamenti sono scaduti il 31 dicembre 2009 e, nonostante la rinegoziazione dei due contratti nel 2003, l’amministrazione parigina ha ritenuto pur sempre vantaggioso optare per l’affidamento diretto all’equivalente francese di una azienda speciale. La scelta a favore dell’attuale gestore in-house, Eau de Paris, si spiega alla luce di obiettivi di efficacia, efficienza e sostenibilitá socio-ambientale. É stata infatti individuata la possibilitá di ridurre il costo per gli utenti di € 30 milioni l’anno, dovuta al fatto che la nuova impresa pubblica non pagherá dividendi a nessun azionista, il che si tradurrá in maggiori investimenti a tariffe costanti. Sul piano della trasparenza, Eau de Paris intende ampliare gli spazi di partecipazione pubblica nella presa di decisioni inerenti l’erogazione del servizio e nell’ambito del controllo sul proprio operato[i]. La rimunicipalizzazione del servizio idrico a Parigi è solo l’ultima di una lunga lista che include casi in Francia, Europa e a livello internazionale. Nel mondo sono piú di 30 i casi di ritorno alla gestione pubblica dopo l’esperienza con il settore privato, non solo in Paesi in via di sviluppo, ma anche ad Atlanta, negli USA[ii] (si noti che negli USA la maggior parte delle gestioni, intorno all’85% del totale, è responsabilità di operatori pubblici). In Europa è la Francia a farla da padrona per il numero di rimunicipalizzazioni osservate, in considerazione del fatto che qui si conta il maggior numero di affidamenti a privati. L’analisi degli eventi succedutisi a Grenoble dal 1989 fino alla rimunicipalizzazione nel 2000 e poi oltre sembrano riproporre le stesse tematiche del caso parigino: a) problemi in termini di trasparenza e costi della gestione privata; b) maggiore efficienza del gestore pubblico in seguito alla rimunicipalizzazione, con un considerevole aumento degli investimenti a tariffe costanti (nel caso di Grenoble, si è potuto assistere alla triplicazione del valore degli investimenti); c) aumento della trasparenza e delle opportunità di partecipazione pubblica in corrispondenza alla adozione della gestione pubblica[iii]. Altre esperienze europee offrono ulteriori riscontri sui vantaggi offerti dalla gestione in-house in termini di efficienza ed efficacia. Ad esempio, la legge olandese preclude la possibilità che soggetti privati possano erogare il servizio di acquedotto, imponendo quindi l’in-house come unica tipologia organizzativa ammessa[iv]. La scelta del legislatore olandese sembra essere confortata dagli alti liveli di efficienza raggiunti dai gestori pubblici e quindi come una decisione volta a preservare la qualità del servizio fornito[v]. Sulla scorta della evidenza empirica è possibile inoltre soffermarsi su una delle maggiori difficoltà incontrate dagli amministatori locali nel percorso di rimunicipalizzazione. Il rischio percepito del contenzioso e di sanzioni multimilionarie conseguenti alla rescissione del contratto con operatori privati, soprattutto se multinazionali, si traduce spesso nel protrarsi del passaggio da una gestione privata alla gestione pubblica o nell’abbandono del tentativo di porre termine ad affidamenti a privati che si siano rivelati insoddisfacenti. Tutto questo al di là delle considerazioni sulle potenzialità della gestione in-house in termini di efficienza ed efficacia e sulla maggiore flessibilità di cui gli operatori pubblici godono nel perseguire obiettivi di sostenibilità socio-ambientale, e non solo economico-finanziaria. Ad esempio, a Grenoble la rimunicipalizzazione è stata compiuta dopo 11 anni di un’esperienza quanto mai controversa con la gestione privata, che ha visto la condanna per corruzione dell’ex sindaco Alain Carignon e dell’amministratore del gruppo Suez Jean-Jacques Prompsy[vi]. Nel caso di Parigi, l’amministrazione comunale ha preferito attendere la scadenza naturale dei contratti con i due gestori privati. Il rischio percepito del contenzioso come conseguenza inevitabile della rescissione del contratto tende quindi a protrarre nel tempo il processo di rimunicipalizzazione. I costi subiti dai cittadini a causa di affidamenti a privati, per quanto questi si rivelino insoddisfacenti, sono soliti continuare a gravare nel lungo termine. Troppo spesso tale rischio, vuoi per l’usuario vuoi per il contribuente, non viene sufficientemente valutato al momento della scelta di affidare la gestione del servizio a privati. Concludiamo soffermandoci su una maggiore trasparenza e partecipazione pubblica, sia nella presa di decisioni in merito alla organizzazione ed erogazione del servizio sia nel controllo delle operazioni, come strumento di rafforzamento della efficienza, efficacia e sostenibilità della gestione in-house. Questo vale indipendemente dal fatto che l’operatore pubblico sia destinatario di un affidamento diretto in seguito a rimunicipalizzazione. In tutti i casi, l’introduzione di forme avanzate di trasparenza e partecipazione pubblica richiede notevole volontà politica da parte delle autorità competenti, nonché regole che ne dispongano e facilitino l’attuazione. In tal senso, notiamo che la legge nazionale italiana predilige soluzioni di mercato, ad esempio il ricorso alla gara per la selezione del gestore o la quotazione in borsa, come strumento di riforma del settore. La stessa normativa comunitaria appare eccessivamente timida, se non assente, in materia di trasparenza e partecipazione pubblica nella presa di decisioni e nel controllo della gestione dei servizi idrici. L’esperienza europea in termini di riforma istituzionale suggerisce un cambio di rotta a favore di una gestione pubblica piú efficace ed efficiente perché piú democratica ed inclusiva.
NOTE:
[i] Anne Le Strat, Le choix de la gestion publique de l’eau à Paris, presentazione all’evento « Rencontre parisienne sur la gestion de l’eau, Parigi », 12 gennaio 2010 (http://www.eaudeparis.fr/media/document/513/85); una video intervista ad Anne Le Strat, direttrice di Eau de Paris puó essere scaricata dal sito internet del PSIRU: www.psiru.org.
[ii] David Hall, Emanuele Lobina, Violeta Corral (2010), Replacing failed private water contracts, PSIRU Reports, gennaio 2010, pp. 5-7 (http://www.psiru.org/reports/2010-01-W-Jakarta.doc).
[iii] Emanuele Lobina (2005), D21: WaterTime case study - Grenoble, France, WaterTime Deliverable D21, 10 marzo 2005 (http://www.watertime.net/docs/WP2/D21_Grenoble.doc); Jacques Tcheng (2010) Grenoble d’une DSP à une régie en passant par une SEM, presentazione all’evento « Rencontre parisienne sur la gestion de l’eau, Parigi », 12 gennaio 2010 (http://www.eaudeparis.fr/media/document/514/85).
[iv] David Hall, Emanuele Lobina, Robin de la Motte (2004), Making water privatisation illegal: new laws in Netherlands and Uruguay. PSIRU Reports, 31 novembre 2004 (http://www.psiru.org/reports/2004-11-W-crim.doc).
[v] Emanuele Lobina (2001), "Le privatizzazioni dei servizi idrici in Europa - Case studies e sviluppi recenti", in Relazioni, XII H2Obiettivo 2000 (Bari, 25-26 ottobre 2001), pp. 23-30.
[vi] Emanuele Lobina (2005), D21: WaterTime case study - Grenoble, France, WaterTime Deliverable D21, 10 marzo 2005 (http://www.watertime.net/docs/WP2/D21_Grenoble.doc).
di Emanuele Lobina e David Hall
PSIRU, Business School, University of Greenwich
Questo intervento è stato pubblicato su Servizi & Societá, Aprile 2010, pp. 29-31
Con il presente intervento intendiamo offrire alcune riflessioni per il dibattito sulla riforma dei servizi idrici in Italia, alla luce dell’esperienza europea in materia di gestione pubblica e gestione privata di tali servizi. I lettori che vogliano approfondire queste tematiche possono consultare i rapporti del PSIRU (Public Services International Research Unit) e seguire i relativi aggiornamenti come pubblicati sul sito www.psiru.org. Innanzitutto, occorre notare che il diritto comunitario degli appalti pubblici consente ai Paesi membri dell’Unione europea di prevedere la gestione in-house dei servizi idrici. Purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla sentenza Teckal (C-107/98) della Corte di Giustizia, la legge nazionale dei singoli Paesi membri puó ammettere l’affidamento diretto a operatori di proprietá e controllo interamente pubblici senza che si faccia ricorso alla gara per la selezione del gestore. Questo contribuisce a spiegare il perché in Europa, così come nel mondo intero, l’in-house rappresenti la forma predominante di gestione dei servizi idrici. Si stima che il 90% dei servizi idrici urbani a livello globale sia erogato da operatori pubblici[i]. In Europa, la percentuale relativa alla gestione pubblica è inferiore al 90% in quanto gli sforzi per l’apertura del mercato alle imprese private sono maggiori nei Paesi ad alto reddito che nei Paesi in via di sviluppo. Ciononostante, anche in Europa la maggioranza delle gestioni è in mano al settore pubblico e non vi è ragione di credere che si possa verificare un’inversione di tendenza nel futuro immediato. Questa previsione trova conforto nell’osservazione delle tendenze a favore di una crescente gestione pubblica o privata nelle 44 cittá che nell’Ue contano piú di 1 milione di abitanti. Tali cittá sono solite essere maggiormente appetibili per il settore privato rispetto a centri urbani di taglia inferiore e questo vale ancor piú per le aree rurali. Di queste 44 cittá al di sopra del milione di abitanti, 16 (ovvero il 36%) sono gestite da privati o imprese miste mentre i gestori pubblici servono le rimanenti 28 cittá (corrispondenti al 64%). Delle 16 cittá gestite da privati o imprese miste, 8 si trovano in Gran Bretagna e Francia che rappresentano le roccaforti storiche delle multinazionali del settore. Il che, quindi, non rappresenta una novitá nello scenario europeo. Altre 4 cittá si trovano nei nuovi Paesi membri dell’Ue, in cui l’affidamento a gestori privati è stato facilitato dalle particolarissime condizioni di transizione da un sistema socialista ad un’economia di mercato. Gli ultimi casi di privatizzazione del servizio tra le maggiori cittá europee sono avvenuti intorno al 2000 ed hanno riguardato Atene, Bucarest e Sofia. Successivamente al 2000, l’unico cambio di gestione è stato a favore del ritorno al settore pubblico con la recente rimunicipalizzazione del servizio a Parigi (gennaio 2010). Si tratta di uno sviluppo particolarmente significativo, non solo sul piano nazionale francese, ma anche su quello europeo ed internazionale. La decisione del sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, di adottare la gestione in-house è maturata dopo che la sezione regionale della Corte dei Conti francese nel 2000 ed i controlli degli uffici comunali nel 2001 avevano rilevato l’assenza di transparenza nell’organizzazione ed erogazione del servizio da parte dei gestori privati. Nel 1985, due affidamenti di 25 anni per la gestione del servizio di acquedotto nella capitale transalpina erano stati assegnati a societá del gruppo Veolia (per la riva destra della Senna) e Suez (per la riva sinistra). Entrambi gli affidamenti sono scaduti il 31 dicembre 2009 e, nonostante la rinegoziazione dei due contratti nel 2003, l’amministrazione parigina ha ritenuto pur sempre vantaggioso optare per l’affidamento diretto all’equivalente francese di una azienda speciale. La scelta a favore dell’attuale gestore in-house, Eau de Paris, si spiega alla luce di obiettivi di efficacia, efficienza e sostenibilitá socio-ambientale. É stata infatti individuata la possibilitá di ridurre il costo per gli utenti di € 30 milioni l’anno, dovuta al fatto che la nuova impresa pubblica non pagherá dividendi a nessun azionista, il che si tradurrá in maggiori investimenti a tariffe costanti. Sul piano della trasparenza, Eau de Paris intende ampliare gli spazi di partecipazione pubblica nella presa di decisioni inerenti l’erogazione del servizio e nell’ambito del controllo sul proprio operato[i]. La rimunicipalizzazione del servizio idrico a Parigi è solo l’ultima di una lunga lista che include casi in Francia, Europa e a livello internazionale. Nel mondo sono piú di 30 i casi di ritorno alla gestione pubblica dopo l’esperienza con il settore privato, non solo in Paesi in via di sviluppo, ma anche ad Atlanta, negli USA[ii] (si noti che negli USA la maggior parte delle gestioni, intorno all’85% del totale, è responsabilità di operatori pubblici). In Europa è la Francia a farla da padrona per il numero di rimunicipalizzazioni osservate, in considerazione del fatto che qui si conta il maggior numero di affidamenti a privati. L’analisi degli eventi succedutisi a Grenoble dal 1989 fino alla rimunicipalizzazione nel 2000 e poi oltre sembrano riproporre le stesse tematiche del caso parigino: a) problemi in termini di trasparenza e costi della gestione privata; b) maggiore efficienza del gestore pubblico in seguito alla rimunicipalizzazione, con un considerevole aumento degli investimenti a tariffe costanti (nel caso di Grenoble, si è potuto assistere alla triplicazione del valore degli investimenti); c) aumento della trasparenza e delle opportunità di partecipazione pubblica in corrispondenza alla adozione della gestione pubblica[iii]. Altre esperienze europee offrono ulteriori riscontri sui vantaggi offerti dalla gestione in-house in termini di efficienza ed efficacia. Ad esempio, la legge olandese preclude la possibilità che soggetti privati possano erogare il servizio di acquedotto, imponendo quindi l’in-house come unica tipologia organizzativa ammessa[iv]. La scelta del legislatore olandese sembra essere confortata dagli alti liveli di efficienza raggiunti dai gestori pubblici e quindi come una decisione volta a preservare la qualità del servizio fornito[v]. Sulla scorta della evidenza empirica è possibile inoltre soffermarsi su una delle maggiori difficoltà incontrate dagli amministatori locali nel percorso di rimunicipalizzazione. Il rischio percepito del contenzioso e di sanzioni multimilionarie conseguenti alla rescissione del contratto con operatori privati, soprattutto se multinazionali, si traduce spesso nel protrarsi del passaggio da una gestione privata alla gestione pubblica o nell’abbandono del tentativo di porre termine ad affidamenti a privati che si siano rivelati insoddisfacenti. Tutto questo al di là delle considerazioni sulle potenzialità della gestione in-house in termini di efficienza ed efficacia e sulla maggiore flessibilità di cui gli operatori pubblici godono nel perseguire obiettivi di sostenibilità socio-ambientale, e non solo economico-finanziaria. Ad esempio, a Grenoble la rimunicipalizzazione è stata compiuta dopo 11 anni di un’esperienza quanto mai controversa con la gestione privata, che ha visto la condanna per corruzione dell’ex sindaco Alain Carignon e dell’amministratore del gruppo Suez Jean-Jacques Prompsy[vi]. Nel caso di Parigi, l’amministrazione comunale ha preferito attendere la scadenza naturale dei contratti con i due gestori privati. Il rischio percepito del contenzioso come conseguenza inevitabile della rescissione del contratto tende quindi a protrarre nel tempo il processo di rimunicipalizzazione. I costi subiti dai cittadini a causa di affidamenti a privati, per quanto questi si rivelino insoddisfacenti, sono soliti continuare a gravare nel lungo termine. Troppo spesso tale rischio, vuoi per l’usuario vuoi per il contribuente, non viene sufficientemente valutato al momento della scelta di affidare la gestione del servizio a privati. Concludiamo soffermandoci su una maggiore trasparenza e partecipazione pubblica, sia nella presa di decisioni in merito alla organizzazione ed erogazione del servizio sia nel controllo delle operazioni, come strumento di rafforzamento della efficienza, efficacia e sostenibilità della gestione in-house. Questo vale indipendemente dal fatto che l’operatore pubblico sia destinatario di un affidamento diretto in seguito a rimunicipalizzazione. In tutti i casi, l’introduzione di forme avanzate di trasparenza e partecipazione pubblica richiede notevole volontà politica da parte delle autorità competenti, nonché regole che ne dispongano e facilitino l’attuazione. In tal senso, notiamo che la legge nazionale italiana predilige soluzioni di mercato, ad esempio il ricorso alla gara per la selezione del gestore o la quotazione in borsa, come strumento di riforma del settore. La stessa normativa comunitaria appare eccessivamente timida, se non assente, in materia di trasparenza e partecipazione pubblica nella presa di decisioni e nel controllo della gestione dei servizi idrici. L’esperienza europea in termini di riforma istituzionale suggerisce un cambio di rotta a favore di una gestione pubblica piú efficace ed efficiente perché piú democratica ed inclusiva.
NOTE:
[i] Anne Le Strat, Le choix de la gestion publique de l’eau à Paris, presentazione all’evento « Rencontre parisienne sur la gestion de l’eau, Parigi », 12 gennaio 2010 (http://www.eaudeparis.fr/media/document/513/85); una video intervista ad Anne Le Strat, direttrice di Eau de Paris puó essere scaricata dal sito internet del PSIRU: www.psiru.org.
[ii] David Hall, Emanuele Lobina, Violeta Corral (2010), Replacing failed private water contracts, PSIRU Reports, gennaio 2010, pp. 5-7 (http://www.psiru.org/reports/2010-01-W-Jakarta.doc).
[iii] Emanuele Lobina (2005), D21: WaterTime case study - Grenoble, France, WaterTime Deliverable D21, 10 marzo 2005 (http://www.watertime.net/docs/WP2/D21_Grenoble.doc); Jacques Tcheng (2010) Grenoble d’une DSP à une régie en passant par une SEM, presentazione all’evento « Rencontre parisienne sur la gestion de l’eau, Parigi », 12 gennaio 2010 (http://www.eaudeparis.fr/media/document/514/85).
[iv] David Hall, Emanuele Lobina, Robin de la Motte (2004), Making water privatisation illegal: new laws in Netherlands and Uruguay. PSIRU Reports, 31 novembre 2004 (http://www.psiru.org/reports/2004-11-W-crim.doc).
[v] Emanuele Lobina (2001), "Le privatizzazioni dei servizi idrici in Europa - Case studies e sviluppi recenti", in Relazioni, XII H2Obiettivo 2000 (Bari, 25-26 ottobre 2001), pp. 23-30.
[vi] Emanuele Lobina (2005), D21: WaterTime case study - Grenoble, France, WaterTime Deliverable D21, 10 marzo 2005 (http://www.watertime.net/docs/WP2/D21_Grenoble.doc).
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