Alla luce della grande vittoria del 12 e 13 giugno, abbiamo ritenuto opportuno stilare un documento programmatico come punto di partenza per la prossima stagione di lotta.
IL COMITATO LAMETINO ACQUA PUBBLICA PER LA DIFESA DEI BENI COMUNI!
Lo straordinario risultato referendario pone al centro della scena politica - nazionale ed internazionale - l’immenso popolo dei comitati che, comune per comune, quartiere per quartiere, ha fatto valere le ragioni del SI.
Un SI contro vent’anni di politiche neoliberiste che hanno portato grandi profitti ai privati ed alle grosse multinazionali speculando sulle nostre acque; un SI contro la scellerata idea che il nucleare con le sue scorie e le sue inefficienze potesse essere il futuro energetico dell’Italia; un SI contro una idea perniciosa di giustizia che, contro il dettato costituzionale, sovvertiva il principio di eguaglianza dinanzi alla legge.
Contro questa deriva antidemocratica, il segnale è stato chiaro: le cittadine ed i cittadini italiani vogliono che l’acqua resti un bene pubblico e che venga invertita la rotta sulle politiche energetiche orientando le scelte politiche non sul carbone e nucleare ma sulle fonti rinnovabili.
Ce l’abbiamo fatta nonostante la solitudine che ha accompagnato le centinaia di migliaia di militanti dei comitati locali. Da soli contro la lobby trasversale centrodestra-centrosinistra abbiamo raccolto oltre 1.400.000 firme e da soli abbiamo condotto una campagna che, in un anno, ha portato al voto 27 milioni di cittadini italiani.
Ce l’abbiamo fatto nonostante l’oscuramento mediatico nazionale e locale, nonostante una destra che invitava ad andare a mare ed una certa sinistra che ha ostacolato il percorso referendario fin dai suoi primi passi, salvo poi tentare di porre le consuete bandierine quando - oramai troppo tardi – intuiva che la probabile vittoria referendaria potesse servire politicamente per una ulteriore spallata al governo Berlusconi.
Ora assistiamo a conferenze stampa e tribune politiche dove, da Bersani a Fini, tutti si affannano a salire sul carro dei vincitori dichiarando il loro quasi esclusivo merito alla riuscita di questa fantastica avventura.
Ha vinto invece il popolo dell’acqua, del no al nucleare e della giustizia giusta.
Hanno vinto le cittadine ed i cittadini italiani; hanno vinto i comitati popolari autogestiti dal basso che dal 2007 - anno della presentazione della legge di iniziativa popolare sull’acqua - hanno percorso in lungo ed in largo lo Stivale per ribellarsi allo strapotere delle multinazionali dell’acqua e dell’energia, all’arroganza dei poteri pubblici locali (Comuni e Regioni) che, fiancheggiando la finanza ed il capitale, hanno fatto gravare sulle spalle dei propri cittadini e dei lavoratori tutti gli ingenti profitti delle multinazionali.
ORA BASTA. BISOGNA CAMBIARE ROTTA!
Vigileremo affinché venga rispettato il volere del popolo italiano che, con uno scatto d’orgoglio, ha ridato dignità al più importante strumento di democrazia popolare: il referendum.
Ci preoccupano le affermazioni trasversali che in questi giorni circolano nelle tv e sui giornali, sulla proposta di legge del PD e sull’asse trasversale destra-sinistra (vedi proposta Bassanini) per aggirare il volere popolare.
Noi diciamo: in parlamento esiste già una proposta di legge sull’acqua consegnata all’allora governo Prodi assieme a 400 mila firme: quella è l’unica proposta valida e coerente rispetto al recente mandato popolare.
La vittoria dei referendum, però, indica con chiarezza una necessità popolare di partecipazione diretta. In particolare, il primo quesito (abolizione del famigerato art. 23 bis) e quello sul nucleare aprono nuovi fronti di lotta per i comitati locali: capitalizzare questa vittoria significa avere la capacità politica di avviare vertenza - nazionali e locali – affinché tutti i servizi locali ritornino in mano pubblica.
La maturità politica dei comitati locali si misurerà sulla capacità di porre fine alla stagione delle società miste per ritornare ad una gestioni interamente pubbliche superando le società di diritto privato. La nostra idea di “pubblico” però non ha nulla a che fare con i carrozzoni modello Prima Repubblica sinonimo di inefficienza, spreco, clientelismo e corruzione.
Noi vogliamo un “pubblico” diverso, caratterizzato da forti momenti popolari di partecipazione: immaginiamo un “pubblico” aperto ai comitati locali, ai cittadini ed ai lavoratori sulla scorta di quanto contenuto nella ns proposta di legge di iniziativa popolare.
Acqua, Rifiuti ed Energia dovranno essere al centro del nostro nuovo corso politico perché queste vertenze sono intimamente connesse tra di loro.
ACQUA
Il popolo Calabrese, se pur in basso nella classifica di partecipazione al referendum, ha dato un chiaro segnale ai nostri governanti: l’acqua è un bene comune, nessun profitto su di essa!
Pertanto l’acqua calabrese deve ritornare in mano pubblica; è giunto il momento di cacciare dalla nostra terrà la multinazionale francese Veolia che lucra sulla nostra acqua e specula sui rifiuti. Dobbiamo farlo perché abbiamo il volere popolare dalla nostra parte. Facciamo come a Parigi: la Veolia è stata messa alla porta ed un nuovo processo di ripubblicizzazione è in atto con un forte abbattimento delle bollette idriche ed un miglioramento del servizio offerto ai cittadini.
Nuove vertenze si sono aperte in questi ultimi mesi, dall’approvazione della delibera n°71 della Giunta Regionale all’istituzione dell’Ato Unico Regionale: entrambi gli atti hanno come scopo quello di rafforzare il potere economico e politico della Veolia. Per contrastarne le mire espansionistiche dobbiamo capitalizzare la vittoria referendaria ed aprire un nuovo fronte di lotta che informi e coinvolga i cittadini e le cittadine calabresi.
I comitato locali di Napoli, Milano, e Pugliesi (solo per citarne alcuni) hanno, all’indomani della vittoria dei SI, avanzato chiare rivendicazioni alle rispettive pubbliche amministrazioni perché aver vinto il referendum non ci mette assolutamente al riparo dagli attacchi delle multinazionali dell’acqua e dalle lobby affaristiche pubblico-privato!
RIFIUTI
Nella nostra regione è giunto il momento di porre fine al Commissariamento per l’emergenza ambientale che dal 1997 opera in maniera incontrollata ed antidemocratica sull’intero ciclo dei rifiuti con risultati catastrofici: 14 anni di emergenza ambientale con sperpero di ingenti quantità di denaro pubblico (oltre un miliardo di euro!) e con l’unico risultato di aver disseminato sul nostro territorio discariche ed impianti di incenerimento dei rifiuti. I livelli della raccolta differenziata in Calabria sono fra i più bassi d’Italia.
Avviare vertenza diffuse sul territorio per chiedere la fine del Commissariamento diventa un passaggio obbligatorio se si intende superare definitivamente l’eterna emergenza e ripensare in maniera collettiva e partecipata una nuova politica regionale dei rifiuti che metta fine allo sperpero delle risorse pubbliche - e a chi con esse si arricchisce – ed avvii un piano regionale dei rifiuti indirizzato alla politica dei “rifiuti zero”.
ENERGIA E FONTI RINNOVABILI
Il Ministero dell'Ambiente aveva individuato nella nostra regione ben 4 siti per lo stoccaggio di scorie radioattive che si aggiungono a quelle già nascoste dalla ‘ndrangheta e dallo Stato tra i nostri monti, in fondo al nostro mare e in diverse discariche calabresi. La vittoria del Si contro il nucleare ha posto un freno a questo disegno criminale!
La Calabria, inoltre, fornisce al resto del paese oltre la metà dell'energia che produce.
Paradossalmente però si continuano a costruire nuove centrali costringendo le comunità locali a difendersi dal continuo tentativo, ad opera delle multinazionali dell'energia e degli amministratore locale complici, di insediarsi con nuovi impianti inquinanti.
Centrali a carbone, come a Rossano e Saline Joniche, a biomasse già attive da tempo come a Crotone, Strongoli, Cutro, Rende o che vorrebbero realizzare come nella valle del Mercure, a Panettieri, e Lamezia Terme; centrali a turbogas come Altomonte, Rossano, Scandale e Rizziconi o a biogas come a Castrolibero, il rigassificatore e l’inceneritore di Gioia Tauro. Sono questi gli impianti che producono immensi profitti alle multinazionali ed ingenti danni alla salute dei cittadini calabresi.
Chiedere un piano energetico regionale orientato alle (vere) fonti rinnovabili ed un piano di bonifica di tutti i siti inquinati che gravi però economicamente su chi ha inquinato e non sulle tasche dei cittadini: queste rivendicazioni dovranno essere il cuore delle vertenze territoriali.
IL COMITATO LAMETINO ACQUA PUBBLICA PER LA DIFESA DEI BENI COMUNI!
Un passaggio è evidentemente necessario sulle questioni lametine.
Abbiamo condotto una campagna referendaria (raccolta firme e referendum) in totale solitudine.
Abbiamo visto muovere il centrosinistra soltanto negli ultimi giorni con qualche sporadica iniziativa in città e con il tentativo – poi rivelatosi fallimentare – della formazione di un coordinamento referendario tra comitato e centrosinistra che non ha portato i frutti sperati.
La quasi totale assenza della Giunta Speranza dalla scena referendaria e le inopportune dichiarazioni in campagna referendaria circa l’inevitabilità della privatizzazione della Lamezia Mutiservizi con la conseguente scelta del socio privato, non ha certamente giovato al raggiungimento del quorum in città.
Inoltre, ci saremmo aspettati, come avvenuto in moltissime città italiane, che il Vescovo si pronunciasse pubblicamente a favore dell’acqua bene comune ed invece questi mesi di campagna referendaria sono passati nel più totale silenzio della Curia.
Il risultato ottenuto in città è sostanzialmente legato all’esclusivo lavoro del comitato lametino.
Nonostante tutto valutiamo il risultato lametino straordinario, anche alla luce della disaffezione alle urne che oramai da oltre un decennio colpisce la città.
Alla luce di quanto detto reputiamo centrale avviare una serie di iniziative pubbliche e nel contempo chiedere al Sindaco ed alla Giunta una serie di impegni e risposte:
Lamezia Terme, 22/06/2011
Lo straordinario risultato referendario pone al centro della scena politica - nazionale ed internazionale - l’immenso popolo dei comitati che, comune per comune, quartiere per quartiere, ha fatto valere le ragioni del SI.
Un SI contro vent’anni di politiche neoliberiste che hanno portato grandi profitti ai privati ed alle grosse multinazionali speculando sulle nostre acque; un SI contro la scellerata idea che il nucleare con le sue scorie e le sue inefficienze potesse essere il futuro energetico dell’Italia; un SI contro una idea perniciosa di giustizia che, contro il dettato costituzionale, sovvertiva il principio di eguaglianza dinanzi alla legge.
Contro questa deriva antidemocratica, il segnale è stato chiaro: le cittadine ed i cittadini italiani vogliono che l’acqua resti un bene pubblico e che venga invertita la rotta sulle politiche energetiche orientando le scelte politiche non sul carbone e nucleare ma sulle fonti rinnovabili.
Ce l’abbiamo fatta nonostante la solitudine che ha accompagnato le centinaia di migliaia di militanti dei comitati locali. Da soli contro la lobby trasversale centrodestra-centrosinistra abbiamo raccolto oltre 1.400.000 firme e da soli abbiamo condotto una campagna che, in un anno, ha portato al voto 27 milioni di cittadini italiani.
Ce l’abbiamo fatto nonostante l’oscuramento mediatico nazionale e locale, nonostante una destra che invitava ad andare a mare ed una certa sinistra che ha ostacolato il percorso referendario fin dai suoi primi passi, salvo poi tentare di porre le consuete bandierine quando - oramai troppo tardi – intuiva che la probabile vittoria referendaria potesse servire politicamente per una ulteriore spallata al governo Berlusconi.
Ora assistiamo a conferenze stampa e tribune politiche dove, da Bersani a Fini, tutti si affannano a salire sul carro dei vincitori dichiarando il loro quasi esclusivo merito alla riuscita di questa fantastica avventura.
Ha vinto invece il popolo dell’acqua, del no al nucleare e della giustizia giusta.
Hanno vinto le cittadine ed i cittadini italiani; hanno vinto i comitati popolari autogestiti dal basso che dal 2007 - anno della presentazione della legge di iniziativa popolare sull’acqua - hanno percorso in lungo ed in largo lo Stivale per ribellarsi allo strapotere delle multinazionali dell’acqua e dell’energia, all’arroganza dei poteri pubblici locali (Comuni e Regioni) che, fiancheggiando la finanza ed il capitale, hanno fatto gravare sulle spalle dei propri cittadini e dei lavoratori tutti gli ingenti profitti delle multinazionali.
ORA BASTA. BISOGNA CAMBIARE ROTTA!
Vigileremo affinché venga rispettato il volere del popolo italiano che, con uno scatto d’orgoglio, ha ridato dignità al più importante strumento di democrazia popolare: il referendum.
Ci preoccupano le affermazioni trasversali che in questi giorni circolano nelle tv e sui giornali, sulla proposta di legge del PD e sull’asse trasversale destra-sinistra (vedi proposta Bassanini) per aggirare il volere popolare.
Noi diciamo: in parlamento esiste già una proposta di legge sull’acqua consegnata all’allora governo Prodi assieme a 400 mila firme: quella è l’unica proposta valida e coerente rispetto al recente mandato popolare.
La vittoria dei referendum, però, indica con chiarezza una necessità popolare di partecipazione diretta. In particolare, il primo quesito (abolizione del famigerato art. 23 bis) e quello sul nucleare aprono nuovi fronti di lotta per i comitati locali: capitalizzare questa vittoria significa avere la capacità politica di avviare vertenza - nazionali e locali – affinché tutti i servizi locali ritornino in mano pubblica.
La maturità politica dei comitati locali si misurerà sulla capacità di porre fine alla stagione delle società miste per ritornare ad una gestioni interamente pubbliche superando le società di diritto privato. La nostra idea di “pubblico” però non ha nulla a che fare con i carrozzoni modello Prima Repubblica sinonimo di inefficienza, spreco, clientelismo e corruzione.
Noi vogliamo un “pubblico” diverso, caratterizzato da forti momenti popolari di partecipazione: immaginiamo un “pubblico” aperto ai comitati locali, ai cittadini ed ai lavoratori sulla scorta di quanto contenuto nella ns proposta di legge di iniziativa popolare.
Acqua, Rifiuti ed Energia dovranno essere al centro del nostro nuovo corso politico perché queste vertenze sono intimamente connesse tra di loro.
ACQUA
Il popolo Calabrese, se pur in basso nella classifica di partecipazione al referendum, ha dato un chiaro segnale ai nostri governanti: l’acqua è un bene comune, nessun profitto su di essa!
Pertanto l’acqua calabrese deve ritornare in mano pubblica; è giunto il momento di cacciare dalla nostra terrà la multinazionale francese Veolia che lucra sulla nostra acqua e specula sui rifiuti. Dobbiamo farlo perché abbiamo il volere popolare dalla nostra parte. Facciamo come a Parigi: la Veolia è stata messa alla porta ed un nuovo processo di ripubblicizzazione è in atto con un forte abbattimento delle bollette idriche ed un miglioramento del servizio offerto ai cittadini.
Nuove vertenze si sono aperte in questi ultimi mesi, dall’approvazione della delibera n°71 della Giunta Regionale all’istituzione dell’Ato Unico Regionale: entrambi gli atti hanno come scopo quello di rafforzare il potere economico e politico della Veolia. Per contrastarne le mire espansionistiche dobbiamo capitalizzare la vittoria referendaria ed aprire un nuovo fronte di lotta che informi e coinvolga i cittadini e le cittadine calabresi.
I comitato locali di Napoli, Milano, e Pugliesi (solo per citarne alcuni) hanno, all’indomani della vittoria dei SI, avanzato chiare rivendicazioni alle rispettive pubbliche amministrazioni perché aver vinto il referendum non ci mette assolutamente al riparo dagli attacchi delle multinazionali dell’acqua e dalle lobby affaristiche pubblico-privato!
RIFIUTI
Nella nostra regione è giunto il momento di porre fine al Commissariamento per l’emergenza ambientale che dal 1997 opera in maniera incontrollata ed antidemocratica sull’intero ciclo dei rifiuti con risultati catastrofici: 14 anni di emergenza ambientale con sperpero di ingenti quantità di denaro pubblico (oltre un miliardo di euro!) e con l’unico risultato di aver disseminato sul nostro territorio discariche ed impianti di incenerimento dei rifiuti. I livelli della raccolta differenziata in Calabria sono fra i più bassi d’Italia.
Avviare vertenza diffuse sul territorio per chiedere la fine del Commissariamento diventa un passaggio obbligatorio se si intende superare definitivamente l’eterna emergenza e ripensare in maniera collettiva e partecipata una nuova politica regionale dei rifiuti che metta fine allo sperpero delle risorse pubbliche - e a chi con esse si arricchisce – ed avvii un piano regionale dei rifiuti indirizzato alla politica dei “rifiuti zero”.
ENERGIA E FONTI RINNOVABILI
Il Ministero dell'Ambiente aveva individuato nella nostra regione ben 4 siti per lo stoccaggio di scorie radioattive che si aggiungono a quelle già nascoste dalla ‘ndrangheta e dallo Stato tra i nostri monti, in fondo al nostro mare e in diverse discariche calabresi. La vittoria del Si contro il nucleare ha posto un freno a questo disegno criminale!
La Calabria, inoltre, fornisce al resto del paese oltre la metà dell'energia che produce.
Paradossalmente però si continuano a costruire nuove centrali costringendo le comunità locali a difendersi dal continuo tentativo, ad opera delle multinazionali dell'energia e degli amministratore locale complici, di insediarsi con nuovi impianti inquinanti.
Centrali a carbone, come a Rossano e Saline Joniche, a biomasse già attive da tempo come a Crotone, Strongoli, Cutro, Rende o che vorrebbero realizzare come nella valle del Mercure, a Panettieri, e Lamezia Terme; centrali a turbogas come Altomonte, Rossano, Scandale e Rizziconi o a biogas come a Castrolibero, il rigassificatore e l’inceneritore di Gioia Tauro. Sono questi gli impianti che producono immensi profitti alle multinazionali ed ingenti danni alla salute dei cittadini calabresi.
Chiedere un piano energetico regionale orientato alle (vere) fonti rinnovabili ed un piano di bonifica di tutti i siti inquinati che gravi però economicamente su chi ha inquinato e non sulle tasche dei cittadini: queste rivendicazioni dovranno essere il cuore delle vertenze territoriali.
IL COMITATO LAMETINO ACQUA PUBBLICA PER LA DIFESA DEI BENI COMUNI!
Un passaggio è evidentemente necessario sulle questioni lametine.
Abbiamo condotto una campagna referendaria (raccolta firme e referendum) in totale solitudine.
Abbiamo visto muovere il centrosinistra soltanto negli ultimi giorni con qualche sporadica iniziativa in città e con il tentativo – poi rivelatosi fallimentare – della formazione di un coordinamento referendario tra comitato e centrosinistra che non ha portato i frutti sperati.
La quasi totale assenza della Giunta Speranza dalla scena referendaria e le inopportune dichiarazioni in campagna referendaria circa l’inevitabilità della privatizzazione della Lamezia Mutiservizi con la conseguente scelta del socio privato, non ha certamente giovato al raggiungimento del quorum in città.
Inoltre, ci saremmo aspettati, come avvenuto in moltissime città italiane, che il Vescovo si pronunciasse pubblicamente a favore dell’acqua bene comune ed invece questi mesi di campagna referendaria sono passati nel più totale silenzio della Curia.
Il risultato ottenuto in città è sostanzialmente legato all’esclusivo lavoro del comitato lametino.
Nonostante tutto valutiamo il risultato lametino straordinario, anche alla luce della disaffezione alle urne che oramai da oltre un decennio colpisce la città.
Alla luce di quanto detto reputiamo centrale avviare una serie di iniziative pubbliche e nel contempo chiedere al Sindaco ed alla Giunta una serie di impegni e risposte:
- approvazione della delibera di iniziativa popolare per la modifica dello statuto comunale così come proposta dai cittadini lametini. Su questo punto non vogliamo tentennamenti da parte del Consiglio Comunale. E’ impensabile che a distanza di oltre un anno i cittadini lametini ed il comitato non abbiano ricevuto nessuna risposta;
- annullamento della delibera che un anno fa, di fatto, avviava la privatizzazione della Lamezia Multiservizi;
- avvio della procedura legale di recupero crediti nei confronti della Sorical SpA per versamenti di quote non dovute (sono oltre un milione di euro prelevate dalle tasche dei cittadini a causa delle tariffe illegittime);
- contrastare la delibera regionale n°71 che prefigura, nei fatti, la totale e definitiva consegna dell’acqua alla Veolia ed alle banche;
- avviare, sin da subito, un forum tecnico per ripensare insieme ai cittadini ed al Comitato Lametino un nuovo percorso che superi la forma della SpA e porti la Lamezia Multiservizi ed il Comune di Lamezia Terme ed essere un laboratorio reale di democrazia e partecipazione;
- la ripubblicizzazione dell’impianto consortile di depurazione;
- il blocco dell’iter di approvazione e realizzazione delle due centrali a biomasse previste nel area industriale cittadina;
- nessuna nuova discarica nel lametino: impiegare i 2 anni occorrenti per realizzarla e i quasi 4 milioni di euro per costruirla per potenziare la raccolta differenziata ed avviare da subito un serio Piano Comunale dei Rifiuti che, se pur non obbligatorio per legge, può divenire uno strumento indispensabile per una città come Lamezia Terme dove, dietro la lucrosa gestione dei rifiuti, ha visto cadere due operai, vittime innocenti delle faide di ‘ndrangheta.
- Chiedere la fine del Commissariamento per l’Emergenza Ambientale: nessun serio intervento sul ciclo dei rifiuti può prescindere dalla fine della fase emergenziale in Calabria.
Lamezia Terme, 22/06/2011