fonte: communia network
Cinque spazzini in maschera che ripuliscono le strade dai “rifiuti”
calabrese: gli ex governatori Scopelliti e Loiero, l’assessore regionale
all’ambiente Pugliano, il dirigente regionale Gualtieri, gli
imprenditori in odore di mafia Vrenna e Guarascio ed altri ancora. E’
senz’altro questa l’immagine che meglio sintetizza l’intenso corteo
calabrese del 10 maggio che ha visto la partecipazione di migliaia di
persone provenienti da tutti gli angoli della Regione proprio nel giorno
in cui scadeva l’ordinanza in deroga dell’ormai ex Presidente
Scopelliti (dimessosi dopo la sentenza di condanna a sei anni di
reclusione per abuso e falso) che permetteva di abbancare in discarica i
rifiuti senza il pretrattamento obbligatorio previsto dalle normative
nazionali e comunitarie.
Diverse le realtà presenti in lotta che si sono accodate dietro il grande striscione verde di apertura #DECIDIAMONOI. Il comitato di Donnici e poi quello di Celico, protagonista, quest’ultimo, di una intensa resistenza per difendere la Presile Cosentina dall’invasione dei rifiuti tal quali. Poi i comitati urbani cosentini di Castrolibero e Rende contro le megadiscariche ed il comitato contro la discarica di Pianopoli, il cuore del sistema rifiuti calabrese con 1milione e 300mila metri cubi di discarica ai quali probabilmente se ne aggiungeranno altri 850mila così come richiesti dalla Daneco dei Colucci (Francesco, uno dei fratelli, da cinque mesi agli arresti per l’inchiesta sulla bonifica del polo chimico di Pioltello-Rodano). Ancora Praia a Mare con il Comitato per le bonifiche dei terreni, dei fiumi e dei mari ed il Comitato contro la discarica di Cozzo Giani di Lago, il Comitato civico spontaneo per il “NO” alla piattaforma rifiuti di Bisignano ed il Comitato Territoriale Valle Crati Rifiuti Zero, il Comitato di Bucita ed il Movimento Terra, Aria, Acqua e Libertà di Crotone, il Comitato per la Difesa dei Beni Comuni di Acri e l’Associazione Il Riccio di Castrovillari, Il Csoa A. Cartella di Reggio Calabria ed il Comitato Prendocasa di Cosenza, il Lsa Assalto di Rende e il Collettivo Autonomo Altralamezia di Lamezia Terme, l’Ass. Le Lampare di Cariati e l’Ass. Il Brigante di Serra San Bruno e poi il Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”, il C.S.C. Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, la Lipu di Cosenza e Ateneo Controverso, il RASPA di Alessandria del Carretto e poi tantissimi cittadini in un fiume colorato ed allegro di musica, striscioni e cartelli che rivendicavano giustizia contro i tanti scempi ambientali prodotti da venti anni di politiche liberiste in salsa calabrese.
Gli interventi a pioggia arrivati a fine corteo, dal piccolo palco improvvisato con poche pedane in legno, hanno denunciato le connivenze del sistema politico regionale con la ‘ndrangheta che da tempo ha fiutato il mega affare miliardario del ciclo dei rifiuti, dell’occultamento di quelli pericolosi con affondamenti in mare e i sotterramenti disseminati lungo tutto il territorio regionale o addirittura utilizzandoli come materiali per l’edilizia pubblica e privata, condannando, di fatto, intere comunità a vivere e convivere con neoplasie ed altri mali.
È per questo che il Coordinamento Regionale dei Comitati ha chiesto, come primissimo atto politico, l’istituzione del Registro Tumori.
La Regione Calabria, però, è come un muro di gomma indifferente alle richieste che provengono dal basso e, seguendo l’ennesima falsa logica emergenziale, continua a proporre soluzioni che palesemente hanno come unico scopo quello di ingrossare le tasche dei soliti noti imprenditori che troppo spesso puzzano di ‘ndrangheta come la spazzatura che trattano.
Si punta quindi ancora una volta su discariche, inceneritori, trasferimento transfrontaliero dei rifiuti, ecoballe da stipare in capannoni dismessi ed incremento del 50% della produttività degli impianti di trattamento che vuol dire, in soldoni, incremento delle ore lavorative e dei turni di lavoro degli operai addetti al ciclo del trattamento.
Le soluzioni invece ci sono e dal corteo sono state scandite chiaramente: zero discariche, zero inceneritori; raccolta differenziata spinta “porta a porta” e promozione della Strategia “Rifiuti Zero”; una gestione pubblica e partecipata dalle comunità e dai lavoratori del settore.
Soluzioni, tutte queste, che riportano al centro del dibattito le comunità locali e i tanti comitati in lotta come soggetti centrali e fondamentali dei processi decisionali, politici ed economici. Niente deleghe in bianco quindi, ma promozione di forme di autogoverno ed autogestione per la tutela del territorio e della salute.
VIDEO REPORT
Diverse le realtà presenti in lotta che si sono accodate dietro il grande striscione verde di apertura #DECIDIAMONOI. Il comitato di Donnici e poi quello di Celico, protagonista, quest’ultimo, di una intensa resistenza per difendere la Presile Cosentina dall’invasione dei rifiuti tal quali. Poi i comitati urbani cosentini di Castrolibero e Rende contro le megadiscariche ed il comitato contro la discarica di Pianopoli, il cuore del sistema rifiuti calabrese con 1milione e 300mila metri cubi di discarica ai quali probabilmente se ne aggiungeranno altri 850mila così come richiesti dalla Daneco dei Colucci (Francesco, uno dei fratelli, da cinque mesi agli arresti per l’inchiesta sulla bonifica del polo chimico di Pioltello-Rodano). Ancora Praia a Mare con il Comitato per le bonifiche dei terreni, dei fiumi e dei mari ed il Comitato contro la discarica di Cozzo Giani di Lago, il Comitato civico spontaneo per il “NO” alla piattaforma rifiuti di Bisignano ed il Comitato Territoriale Valle Crati Rifiuti Zero, il Comitato di Bucita ed il Movimento Terra, Aria, Acqua e Libertà di Crotone, il Comitato per la Difesa dei Beni Comuni di Acri e l’Associazione Il Riccio di Castrovillari, Il Csoa A. Cartella di Reggio Calabria ed il Comitato Prendocasa di Cosenza, il Lsa Assalto di Rende e il Collettivo Autonomo Altralamezia di Lamezia Terme, l’Ass. Le Lampare di Cariati e l’Ass. Il Brigante di Serra San Bruno e poi il Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”, il C.S.C. Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, la Lipu di Cosenza e Ateneo Controverso, il RASPA di Alessandria del Carretto e poi tantissimi cittadini in un fiume colorato ed allegro di musica, striscioni e cartelli che rivendicavano giustizia contro i tanti scempi ambientali prodotti da venti anni di politiche liberiste in salsa calabrese.
Gli interventi a pioggia arrivati a fine corteo, dal piccolo palco improvvisato con poche pedane in legno, hanno denunciato le connivenze del sistema politico regionale con la ‘ndrangheta che da tempo ha fiutato il mega affare miliardario del ciclo dei rifiuti, dell’occultamento di quelli pericolosi con affondamenti in mare e i sotterramenti disseminati lungo tutto il territorio regionale o addirittura utilizzandoli come materiali per l’edilizia pubblica e privata, condannando, di fatto, intere comunità a vivere e convivere con neoplasie ed altri mali.
È per questo che il Coordinamento Regionale dei Comitati ha chiesto, come primissimo atto politico, l’istituzione del Registro Tumori.
La Regione Calabria, però, è come un muro di gomma indifferente alle richieste che provengono dal basso e, seguendo l’ennesima falsa logica emergenziale, continua a proporre soluzioni che palesemente hanno come unico scopo quello di ingrossare le tasche dei soliti noti imprenditori che troppo spesso puzzano di ‘ndrangheta come la spazzatura che trattano.
Si punta quindi ancora una volta su discariche, inceneritori, trasferimento transfrontaliero dei rifiuti, ecoballe da stipare in capannoni dismessi ed incremento del 50% della produttività degli impianti di trattamento che vuol dire, in soldoni, incremento delle ore lavorative e dei turni di lavoro degli operai addetti al ciclo del trattamento.
Le soluzioni invece ci sono e dal corteo sono state scandite chiaramente: zero discariche, zero inceneritori; raccolta differenziata spinta “porta a porta” e promozione della Strategia “Rifiuti Zero”; una gestione pubblica e partecipata dalle comunità e dai lavoratori del settore.
Soluzioni, tutte queste, che riportano al centro del dibattito le comunità locali e i tanti comitati in lotta come soggetti centrali e fondamentali dei processi decisionali, politici ed economici. Niente deleghe in bianco quindi, ma promozione di forme di autogoverno ed autogestione per la tutela del territorio e della salute.
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