mercoledì 29 dicembre 2010

AMBITO UNICO REGIONALE

UN ULTERIORE PASSO VERSO LA PRIVATIZZAZIONE

Il Consiglio regionale della Calabria, con l’articolo 10 bis della recente finanziaria, ha stabilito di istituire, dal 1° luglio 2011, un unico ambito territoriale regionale per il servizio idrico integrato. La cosa che potrebbe apparire strana è che questo avviene proprio mentre il governo nazionale, con il decreto mille proroghe, ha posticipato la soppressione degli ATO al 1° gennaio 2012. C’è un filo chiaro e preciso di trasversalità che lega la politica calabrese alla privatizzazione delle nostre acque in un disegno che non ha colore politico; come noto anche la vecchia giunta Loiero, di centrosinistra, aveva ventilato la possibilità di costituire un unico ambito regionale per il servizio idrico integrato. Ci sono forti sponsor che spingono per l’affidamento ad un soggetto imprenditoriale dell’intero servizio idrico e, conoscendo l’attuale strapotere in Calabria della multinazionale francese Veolia, non è molto difficile immaginare chi gestirà l’intero servizio idrico. L’aspetto forse più inquietante è che si verificherà il superamento del rapporto “società di gestione-Comune calabrese” per approdare al rapporto diretto “società di gestione-Cittadini calabresi”; in questo modo i bilanci dei Comuni saranno più leggeri ma quelli delle famiglie molto, molto più pesanti. Come Coordinamento ci chiediamo cosa potrà accadere nella nostra regione, che è la più povera d’Italia, quando una famiglia non potrà pagare la bolletta dell’acqua potabile, e le risposte non sono confortanti. Si taglierà la fornitura idrica come a San Lorenzio del Vallo, si ridurrà il flusso come a Cosenza e Scalea, o si metteranno queste famiglie pubblicamente alla gogna come è successo a Cinquefrondi e in tutti quei Comuni calabresi che si sono visti tappezzati di manifesti accusatori della Sorical, per mancato pagamento? Mentre in Calabria si vara l’ambito unico, in altre Regioni, ultima in ordine di tempo la Liguria, le forze politiche si stanno impegnando per sostenere la richiesta di moratoria contro il decreto Ronchi; in questa maniera la consultazione Referendaria, che hanno chiesto più di 1.400.000 cittadini, tra cui oltre 40.000 calabresi, avverrà a “bocce ferme”. Dicevamo della continuità tra le due giunte regionali, ed infatti nell’attuale bilancio approvato dalla giunta Scopelliti è prevista un’anticipazione finanziaria, a favore della Sorical S.p.A. per consentire la realizzazione degli investimenti del programma 2005/2009, di 3.500.000,00 euro già stabilita dalla legge regionale n.15 del 10 luglio 2007 emanata dall’allora giunta di centrosinistra del presidente Agazio Loiero. Tra coloro che manifestarono, all’epoca, perplessità su queste “anticipazioni” e sul mutuo acceso con la banca irlandese Depfa, vi era pure l’attuale presidente della So.Ri.Cal. S.p.A., Sergio Abramo; a tal riguardo riportiamo una nota dell’agenzia Ansa (fonte www.telereggiocalabria.it) che riferisce alcune sue dichiarazioni del luglio 2008: “… Infine gli interrogativi sulla legge regionale n.15 del 2007. A parte le questioni già poste con molta puntualità dal collega Borrello a proposito delle discrasie tra le previsioni di legge e la delibera di Giunta che le attua, c’è in più che la Regione anticipa ingenti somme a Sorical per l’attuazione del programma di investimenti e che Sorical, dal canto suo, le restituisce facendole gravare sulle tariffe idriche. Poi, però, Sorical firma con Depfa il contratto e ottiene dalla banca irlandese, insieme col resto, un’anticipazione sull’anticipazione già ottenuta dall’ente pubblico. Ma tutto questo costa dunque una seconda volta? Se sì, la domanda è d’obbligo: ma quante volte devono pagare i calabresi? La risposta questa volta l’attendiamo da coloro che hanno ricevuto i voti dei cittadini per governare nel loro esclusivo interesse, non certo da un anonimo comunicato stampa, che avrà anche il suo peso sul mercato internazionale dei capitali ma che non porta un euro nelle tasche dei contribuenti. I quali, anzi, è molto probabile che debbano rimetterci”. A tutt’oggi non ci risulta che queste risposte siano state date ai calabresi, né da Sorical né dalla Regione Calabria; eppure la Sorical sa come informare puntualmente i cittadini, come avvenuto in diversi Comuni della Calabria, con l’affissione di numerosi manifesti, per spiegare il motivo della prossima riduzione, parziale o totale, dell’erogazione di acqua potabile in quel Comune. Eppure diverse volte si enunciano principi di trasparenza, di rispetto delle regole e di corretta informazione che poi è quella che vogliamo sia fornita ai Calabresi sulle problematiche citate. Non costa nulla informare i Calabresi sul rispetto della Convenzione Regione-Sorical fornendo l’elenco degli investimenti realizzati nei primi cinque anni e chiarendo quale tariffa sia stata applicata ai Comuni Calabresi. Per la questione delle tariffe abbiamo chiesto chiarimenti anche al presidente regionale dell’A.N.C.I. (Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia), avvocato Perugini e attuale sindaco di Cosenza, ma senza ricevere alcuna risposta. La risposta politica è purtroppo evidente, in Calabria è stata scelta la via delle multinazionali, dell’acqua gestita da una società di diritto privato, in altre parole l’Acqua come merce. E’ il caso di chiarire anche un “cavallo di battaglia” dei privatizzatori, ovvero il fatto che l’acqua è pubblica; questo lo sappiamo, in quanto è stabilito dall’articolo 822 del Codice Civile ed è quindi incontrovertibile. Quello che invece hanno compreso benissimo i Calabresi, e tutti gli Italiani, è che è fondamentale la distinzione tra una gestione effettuata da un Ente Pubblico, che ha come finalità quella di assicurare un diritto per tutti, e quella effettuata da una società di diritto Privato, che ha come finalità la realizzazione di un profitto. E’ recente la notizia che il Tribunale di Castrovillari ha ordinato alla Sorical di ripristinare “immediatamente la fornitura di acqua in favore del Comune di San Lorenzo del Vallo” accertando la violazione dell’articolo 2 della Nostra Costituzione, ovvero la tutela di diritti inviolabili, e rilevando come, su basi giurisprudenziali, sia sancito “il principio per cui la morosità dell’utente non è ragione sufficiente a giustificare la sospensione della fornitura di un bene primario come l’acqua”. In questa vicenda la politica dov’era? La maggioranza assoluta della parte pubblica della Sorical S.p.A., come spesso viene ricordato per tranquillizzare i cittadini, dov’era? E’ dovuto intervenire un Tribunale dello Stato per ricordare i diritti inviolabili di ogni Cittadino. Per tale motivo invitiamo i Sindaci della nostra regione, che non avranno praticamente più alcuna voce in capitolo nel nuovo ambito unico, a chiedere con forza le risposte che loro stessi e, soprattutto, i cittadini che rappresentano, vogliono avere e che sono ormai improcrastinabili. Siamo convinti della necessità di una riorganizzazione della gestione del Servizio Idrico, ma questa può essere affidata solo ad un soggetto pubblico che non persegua come fine il profitto: solo questo può garantire i cittadini da una parte e la salvaguardia del Nostro patrimonio idrico dall’altra. In ogni caso i cittadini Calabresi hanno compreso benissimo da che parte stare, hanno compreso che per la difesa del Bene Comune più prezioso, sul quale nessuno può realizzare profitti, non potranno delegare più nessuno se non sé stessi partecipando compatti alla consultazione referendaria della prossima primavera che riconsegnerà l’Acqua ai Cittadini, ai legittimi Proprietari.
Perché si scrive acqua ma si legge democrazia.

Ufficio stampa
Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”

stampa@difendiamolacalabria.org
www.difendiamolacalabria.org

giovedì 9 dicembre 2010

REFERENDUM, PRIMO VIA LIBERA

Via libera della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha comunicato oggi al Comitato Promotore dei Referendum per l'acqua pubblica, l'avvenuto conteggio delle firme necessarie alla richiesta dei referendum. Un passaggio scontato dopo la straordinaria raccolta firme che ha portato alla Corte, lo scorso luglio, 1 milione e 400 mila sottoscrizioni. Adesso tocca alla Corte Costituzionale dare il via libera ai quesiti entro la metà di febbraio, mentre la data del voto è prevista nella primavera 2011. Con l'avvicinarsi del voto popolare si fa sempre più pressante la richiesta di moratoria sulle scadenze del Decreto Ronchi, almeno fino a quando gli italiani non i saranno espressi. Quello della Cassazione è un altro passo avanti nel percorso referendario e nella battaglia per la ripubblicizzazione dei servizi idrici. Siamo sempre più vicini alla liberazione del bene comune acqua dalle logiche del mercato e del profitto.

giovedì 2 dicembre 2010

IL COMITATO SCRIVE AL PRESIDENTE MURACA

Lettera aperta al Presidente del Consiglio Comunale di Lamezia Terme

Al Presidente del Consiglio comunale di Lamezia Terme
Dr. Francesco Muraca

Oggetto: proposta delibera di iniziativa popolare Gentile Presidente, come comitato promotore della delibera in oggetto, sottoscritta da 700 elettori del Comune di Lamezia Terme, le scriviamo per esprimere il nostro risentimento riguardo all’iter consiliare per la proposta di delibera popolare. La discussione della proposta riveste un’importanza fondamentale per il futuro della città di Lamezia e il fatto che sia stata presentata direttamente dai cittadini in maniera trasversale, rende, a nostro giudizio, particolarmente importante la serenità del Consiglio comunale e l’imparzialità della Presidenza dello stesso. Purtroppo i fatti succeduti in seguito alla presentazione delle firme ci convincono del rischio reale di non avere garanzie in questo senso. Questa nostra lettera nasce dalla convinzione che l’iniziativa diretta dei cittadini – prevista dal TUEL e disciplinata dallo statuto comunale – è un momento supremo di democrazia, che contribuisce alla crescita civile di una città e, per questo, sia un diritto sostanziale dei cittadini firmatari sapere se il consiglio comunale intenda approvare o respingere tale proposta. Le firme, da noi consegnate lo scorso 8 giugno, pongono la necessità di inserire nello statuto comunale il principio che l’acqua deve ritenersi un bene pubblico privo di interesse economico così come fatto da tantissimi comuni in tutta Italia. La raccolta di firme per il referendum e per le delibere d’iniziativa popolare ha visto nel nostro Paese un vasto coinvolgimento popolare, definito da tantissimi organi di stampa un fatto senza precedenti. Un coinvolgimento che ha correttamente portato molti enti Locali a dare una risposta rapida alle richieste dei cittadini, anche in comuni, come Torino, dove l’approvazione della delibera è avvenuta con l’astensione dello stesso sindaco. Nella nostra città, al contrario, a sei mesi, dalla consegna delle firme l’unico atto (fortemente da biasimare) al quale abbiamo assistito è stato l’annullamento, per mancanza di numero legale, di un consiglio comunale oltretutto convocato in estremo ritardo. Abbiamo dovuto subire anche una sua infelice dichiarazione alla stampa con la quale affermava: “…Inoltre, la presidenza del consiglio comunale, la conferenza dei capigruppo e il consiglio tutto, non possono essere condizionati nelle loro attività da ordini e disposizioni dettate da parte di terzi che vorrebbero così programmare l'agenda dei lavori.…
Una dichiarazione che disconosce - grave per un presidente di un’assemblea elettiva - l’elevato valore civile e democratico di una proposta di iniziativa popolare. Una dichiarazione che sarebbe stata utile riservare a qualche gruppo di potere o loggia secreta e non a un comitato che si batte da anni, come milioni di italiani, in difesa di un bene comune e che ritiene più che doveroso che la massima assemblea elettiva cittadina si determini favorevolmente o no rispetto a una proposta avanzata democraticamente dai cittadini. Questa vicenda - al di là del merito - pone una forte preoccupazione sul mancato rispetto degli strumenti di democrazia dal basso. La sostanza della democrazia è per noi il potere dei cittadini di decidere del proprio destino in modo consapevole nel quadro di una società aperta, nella quale gli stessi cittadini possono partecipare alla formazione delle decisioni politiche. Una sostanza che per quanto ci riguarda, oltre a rivestire un alto valore civile diventa un banco di prova fondamentale per qualsiasi soggetto, sia esso politico che istituzionale. Sarebbe oltremodo grave che la prima esperienza di proposta democratica dal basso nella nostra città venisse miseramente liquidata con un consiglio comunale annullato per mancanza di numero legale. Impedendo il diritto sacrosanto dei lametini di sapere l’opinione dei singoli consiglieri e dei loro gruppi consiliare nel merito delle questioni poste dalla delibera. Ci appare, inoltre, incomprensibile e grave che un tema come quello dell’acqua pubblica che ha a che fare con il bisogno di preservare questo bene primario e vitale per l’intera umanità e per le future generazioni e che è divenuto centrale nell’agenda politica di numerosi partiti, associazioni, sindacati, intere comunità in tutto il mondo non trovi spazio per una discussione esaustiva del nostro Consiglio Comunale. Una sfida, alla quale ad oggi - nei fatti - vi siete sottratti. Una risorsa, l’acqua, che alla luce dei drammatici mutamenti climatici oramai previsti da numerosi e autorevoli organismi internazionali e che, colpiranno con conseguenze enormi soprattutto il sud dell’Europa e, in particolare il nostro territorio, meriterebbe un’attenzione maggiore delle classi dirigenti di questa città e della sua massima assemblea elettiva. Per questo oggi chiediamo pubblicamente, a lei e ai capigruppo consiliari, di dare pronta risposta ad una esigenza di democrazia invitandovi a predisporre una seduta consiliare con all’ordine del giorno la proposta di delibera popolare. Riteniamo questo esito irrinunciabile, non tanto e non solo per ristabilire un principio di legalità e di democrazia in un contesto istituzionale che, in merito a questa vicenda, si è dimostrato sostanzialmente inadempiente, quanto soprattutto in segno di rispetto alle centinaia di cittadini che, con la loro firma, hanno voluto testimoniare una preziosa esperienza di democrazia partecipativa, oggi purtroppo ancora incompiuta. Ribadiamo quindi che adottare la proposta di delibera di modifica dello statuto presentata da cittadini di Lamezia Terme dipende esclusivamente dalla volontà politica di questo Consiglio Comunale, che, ci aspettiamo, vada nel senso del rispetto e dell’ascolto della volontà popolare che ha scelto la difesa dell’Acqua e della sua gestione come Bene Comune.

mercoledì 1 dicembre 2010

EX ZUCCHERIFICIO LAMEZIA TERME

Salvare l’ex zuccherificio
Come rete di associazioni e movimenti che da anni si battono per la difesa del territorio, dell’ambiente e della salute dei calabresi non possiamo non esprimere la nostra vicinanza e la nostra solidarietà a chi, in sintonia, con chi esige una pratica urbanistica democratica e partecipata, si sta battendo contro l’abbattimento dell’ex zuccherificio di Lamezia Terme.
Convinti, come siamo, che delle moderne e sostenibili politiche urbanistiche impongano di limitare il consumo del territorio puntando massicciamente al recupero e alla fruibilità del patrimonio edilizio esistente, soprattutto quando esso rappresenta un patrimonio storico e architettonico unico nella nostra regione, ci appare sciagurata la scelta che sostanzialmente ha fatto prevalere l’urbanistica contrattata su quella partecipata nella vicenda dell’ex zuccherificio. Questa vicenda ci parla di un ritardo culturale di certa politica locale, tutta ripiegata su quella idea che un noto urbanista ha definito “concezione prefettizia dell’urbanistica”, che, in palese contrasto con le acquisizioni più avanzate dell’urbanistica democratica di questo Paese e con altre ben più significative esperienze (come il recupero e la trasformazione degli zuccherifici di Parma e Ferrara), decide sulla testa dei cittadini la sorte di importanti segmenti del territorio e del patrimonio edilizio su di essi ricadenti.
Ci parla, così come abbiamo sempre denunciato per il ciclo dei rifiuti, per la depurazione, per le politiche energetiche e, significativamente a Lamezia Terme, per l’acqua, di un ruolo esclusivo riservato ai privati sulle scelte fondamentali che si assumono in questa regione in spregio alla tutela dei nostri beni comuni.
Una scelta, quella di Lamezia, che si inserisce in quella devastante campagna propagandistica, che da oltre vent’anni avvelena il nostro Paese, con l’esaltazione del ruolo dei privati e del profitto, a discapito del bene comune, in settori importanti per il destino dell’ambiente e del territorio.
Una scelta, che, se non fermata, rischia di segnare negativamente e definitivamente la vita di ognuno e ognuna di noi e, che per questo esige una posizione chiara e inequivocabile da parte di quegli organismi, a partire dalla sovrintendenza, deputati alla salvaguardia del patrimonio storico e ambientale delle nostre città e dei nostri territori.

Rete Difesa del Territorio "Franco Nisticò"