Il 12 maggio, ad un mese esatto dal sesto
anniversario della vittoria referendaria per l’acqua bene comune, il Consiglio
Regionale ha approvato il testo di legge n.18/2017 “Disposizioni per l’organizzazione del servizio idrico integrato”,
un dispositivo di 26 articoli in netta antitesi sia con il volere popolare cui
accennavamo prima, sia con la proposta di legge regionale di iniziativa
popolare proposta dai diversi movimenti facenti capo al Coordinamento Calabrese
Acqua Pubblica “B. Arcuri” e depositata, insieme ad oltre 11mila firme a
sostegno, oramai quattro anni fa.
Analizzando attentamente il testo, che è a tutti
gli effetti legge regionale, proviamo a capire come sarà articolato il servizio
idrico integrato nella regione Calabria, quale sarà il futuro della SoRiCal SpA
e soprattutto come saranno strutturate le centrali del potere decisionale.
La nuova legge detta le norme in materia di
organizzazione del servizio idrico integrato calabrese riconducendolo di fatto
(come era ovvio aspettarsi visto che lo impongono le leggi nazionali) ad un “servizio pubblico di interesse generale”
con il riconoscimento e l’istituzione dell’Autorità Idrica Calabrese (AIC) come
ente pubblico non economico rappresentativa dei comuni della Calabria tutti
ricadenti nell’Ambito Territoriale Ottimale unico e coincidente con l’intero
territorio regionale.
Ma cosa farà questa AIC? Di fatto svolgerà le funzioni
già attribuite ai soppressi 5 ATO provinciali. Fin qua quindi nulla di nuovo da
un punto di vista amministrativo; un testo fortemente in linea con quella che è
la nuova strategia liberista del Governo Renzi/Gentiloni e cioè quella di
accentrare nelle mani di pochissime lobby affaristico-internazionali la
gestione del servizio idrico integrato.
Più volte, anche da queste pagine, abbiamo
denunciato la perversa linea dell’ex ministra Madia di mutare un principio base
della cosiddetta legge Galli quello della “unitarietà del Servizio”
trasformandolo, con un piccolo artifizio letterale, in “unicità del Servizio”.
Questo nuovo paradigma
gestionale spiana la strada alle Multiutility che già da tempo generano i
loro lauti profitti sul territorio nazionale, trovando le condizioni più
vantaggiose per accaparrarsi la gestione delle risorse idriche là dove esiste
appunto un ambito ottimale unico e un’altrettanta unica forma gestionale senza quindi
dover dipanare la matassa ad esempio, delle tante forme gestionali diffuse sul
territorio e senza doversi scontrare con le tante comunità locali che, in
questi anni di lotta per la difesa dell’acqua, hanno saputo dimostrare come nessun
profitto sia possibile sulla pelle e la salute dei cittadini.
Come è facile intuire, un ricco e corposo tesoro, tutto concentrato in un unico forziere, è
decisamente più facile da depredare!
Possiamo quindi affermare con forza che il testo
di legge regionale va in questa direzione: creare le condizioni migliori affinché
una qualsiasi multinazionale possa allungare i propri tentacoli sul “ricco e corposo tesoro”.
Oggi sono tante le multinazionali che hanno le
“carte in regola” per diventare il nuovo ed unico soggetto gestore, senza
dimenticare, poi, che alcune di queste hanno già operato in Calabria (la Veolia
ad esempio) ed altre continuano a farlo nel settore idroelettrico come, ad
esempio, la A2A.
Oggi tutti i cittadini calabresi stanno pagando a
caro prezzo i danni (400milioni di
debiti) prodotti da una gestioni totalmente fallimentare quale è stata quella
della multinazionale francese Veolia (socio privato della Sorical SpA) e,
nonostante tutto, il nuovo testo di legge, fortemente voluto dall’asse
Oliverio-Pallaria, continua a permettere l’azioni predatoria del privato sul
territorio calabrese.
Nonostante la Sorical SpA sia a tutti gli effetti
in liquidazione dal 31 dicembre 2015, il suo spettro si aggiri ancora tra gli
uffici della Regione Calabria. L’Assemblea
dell’AIC, oltre a definire tariffe e forma di gestione, dovrà provvedere “alla regolamentazione dei rapporti con il
fornitore d’acqua all’ingrosso”. Chi sarà mai questo “fornitore d’acqua all’ingrosso”? Ecco allora che lo spettro perde
la sua immaterialità ed assume la consistenza della “vecchia ed amata” Sorical
SpA!
Questo provvedimento normativo da una parte
accentra i potere e semplifica i meccanismi di privatizzazione (in una solo
parola mantiene lo status quo), dall’altra - come vedremo - riduce
drasticamente la partecipazione delle comunità locali (per quanto questa possa
essere utile visto che è sempre filtrata dal piano istituzionale) individuando
soltanto 40 comuni (su 405) che andranno a costituire
l’assemblea dell’AIC. Cinque di essi sono già individuati per legge come aventi
diritto a partecipare all’assemblea e sono ovviamente i 4 comuni capoluogo di
provincia (Cosenza, Catanzaro, Vibo e Crotone) più la città metropolitana di
Reggio Calabria.
Restano quindi da definire, tramite il meccanismo
del voto, i restanti 35 comuni che andranno a formare l’assemblea dell’Autorità
Idrica Calabrese.
Un meccanismo che stritolerà di fatto le piccole
comunità sotto i 5mila abitanti che, vogliamo ricordarlo, rappresentano oltre
l’80% dei comuni calabresi.
L’unico strumento di difesa in mano ai comuni saranno
le Conferenze Territoriali di Zona (CTZ)
articolazioni periferiche dall’AIC dove, in rappresentanza dei comuni, potranno
partecipare tutti i sindaci ricadenti nella CTZ la cui operatività è estesa ai
soppressi ambiti territoriali ottimali che erano su base provinciale. E’
inutile sottolineare che le CTZ hanno un
potere abbastanza limitato rispetto a quelli attribuiti all’assemblea
dell’AIC che diventerà, quindi, il cuore del potere decisionale (tariffe,
scelta del tipo di gestione e regolamentazione con il fornitore all’ingrosso).
Il meccanismo, in definitiva, è sempre identico:
difesa dello status quo, più poteri ad alcuni sindaci, privatizzazioni e tutto
questo senza alcuna possibilità da parte delle comunità locali di
autodeterminarsi rispetto, ad esempio, alle forme di gestione del servizio
idrico.
Nessuna forma di partecipazione popolare è
prevista nel testo di legge, se non un fantomatico ed infelice “Comitato consultivo degli utenti del
servizio idrico e dei portatori di interessi” che nulla ha a che fare con
il paradigma partecipativo, sostenuto e portato avanti dai movimenti di lotta
per l’acqua, inteso come reale potere decisionale da dispiegare e praticare
direttamente sotto forma di partecipazione popolare, dei comitati e dei
movimenti in difesa del territorio.
Un testo di leggi, per nulla avanzato quindi, che
da una parte si allinea al diktat dei poteri centrali e dei mercati, dall’altra
tenta di superare l’impasse regionale nella quale siamo piombati dopo la
fallimentare e catastrofica gestione Veolia contraddistintasi da una pratica di
tipo affaristico-clientelare balzata agli “onori” della cronaca con una serie
di operazioni giudiziarie (Ceralacca, Ceralacca 2, scandalo Alaco, Corte dei
Conti, ecc.) che hanno tracciato un quadro abbastanza chiaro su quale fosse il
“profilo aziendale” del colosso multinazionale francese.
In un quadro così disarmante, ai movimenti di
lotta per l’acqua non resta che riprendere e continuare con più efficacia le
proprie battaglie territorio per territorio, non retrocedendo di un centimetro
rispetto alle rivendicazioni che da sempre hanno caratterizzato il variegato movimento:
difesa dell’acqua, dei beni comuni, ripubblicizzazione e partecipazione
diretta.
Oggi con un contesto normativo regionale che, in
maniera subdola, cerca di delegare le scelte ai Comuni, le lotte dovranno
concentrarsi maggiormente sul piano delle pratiche territoriali, conquistando
ulteriore agibilità nelle lotte, per inchiodare i sindaci alle proprie
responsabilità politiche e per riappropriarsi di ciò che ci appartiene!
[Articolo pubblicato su COTRONEINFORMA n°131/2017]
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