MO BASTA.
DELLE NOSTRE VITE DECIDIAMO NOI
Il concetto di democrazia presuppone il “governo del popolo”, in Italia quella che ci spacciano per democrazia è invece il governo delle multinazionali, delle SpA, delle grandi lobby di interesse, dei connubi politico-mafiosi. Il popolo, quello che dovrebbe governare, è invece assolutamente estraneo ai momenti decisionali, illuso di poter manifestare le proprie scelte nelle varie tornate elettorali. Ma anche il ruolo degli enti locali è oggi notevolmente ridimensionato, a causa di quelle che sono state considerate la panacea dei problemi di bilancio degli enti pubblici: le esternalizzazioni. La smania di sindaci e assessori vari di far quadrare i conti e di rientrare nel patto di stabilità, così come l’ideologia diffusa che privato sia sinonimo di efficienza, hanno prodotto negli ultimi anni una crescita esponenziale degli affidamenti dei servizi locali a società esterne, di tipo misto pubblico-privato o addirittura interamente private: manutenzioni, nettezza urbana, raccolta dei rifiuti, persino la riscossione delle imposte, sono adesso in mano a società private. Questo ha di certo alleggerito i bilanci comunali, ma ha comportato un aumento dei costi per i cittadini. E non secondariamente ha generato una rivoluzione negli ambiti decisionali: la discussione in merito alla gestione dei servizi è stata spostata dall’ambito pubblico, quello assembleare dei consigli comunali, a quello chiuso e impenetrabile dei consigli di amministrazione delle varie società. È quello che è successo in maniera emblematica nella nostra regione per quel che riguarda la gestione delle acque: oggi, la quasi totalità, dei nostri comuni comprano l’acqua potabile dalla Sorical, una società di tipo misto il cui partner privato è la francese Veolia, la più grande multinazionale al mondo per quel che riguarda i servizi idrici. Chiaramente la Veolia non è venuta a investire in Calabria per fare beneficenza e, per aumentare il suo profitto, si muove come meglio crede, senza controlli e senza indirizzi: contrae mutui di centinaia di milioni con banche ballerine, applica delle tariffe illegali, ricatta i comuni inadempienti, è arrivata persino alla chiusura dei rubinetti. Dobbiamo porre fine alla stagione delle società miste, alla privatizzazione dei servizi locali: dobbiamo tornare a gestioni interamente pubbliche, senza SpA e esigenze di bilancio. Questo non significa per noi il ritorno a quel “pubblico” sinonimo di inefficienze, di sprechi, di clientela e corruzione: noi immaginiamo un “pubblico” diverso, dove ci siano momenti partecipativi aperti ai cittadini e ai lavoratori, che in qualità di usufruenti e prestatori dei servizi ne conoscono direttamente pregi e difetti. Dobbiamo tornare a decidere noi sui nostri territori, a dare indicazioni sulle priorità gestionali e a controllare che vengano rispettate: nessun amministratore delegato di nessuna società metterà i nostri interessi avanti alle esigenze di bilancio! Il 12 e 13 di giugno sono due date importanti: abbiamo la possibilità, attraverso lo strumento del referendum, di bloccare la deriva privatistica dei servizi pubblici locali, oggi sempre meno pubblici e sempre meno servizi, e di segnare un punto di svolta. Certo negli ultimi anni si è assistiti ad una ridicolizzazione dello strumento referendario: sono infatti 16 anni che non viene raggiunto il quorum, con tornate elettorali spesso estive per dissuadere i cittadini dall’andare a votare. Votare SÍ non significa quindi solamente porre un freno alla privatizzazione dell’acqua, ma anche riappropriarci di uno strumento di democrazia e di partecipazione. Il 12 e 13 di giugno si voterà anche per un’altra importante questione: il ritorno al Nucleare. Con un atto di estrema arroganza che ha ribaltato l’esito del famoso referendum contro il nucleare del 1987, grazie al ricatto del voto di fiducia e l’ausilio di lacché del calibro di Umberto Veronesi e Chicco Testa, il governo Berlusconi ha deciso il ritorno del nucleare in Italia. La Calabria è una regione che da decenni fornisce al resto del paese più della metà dell'energia che produce. Nonostante questo, vari territori sono costretti a difendersi dal tentativo delle multinazionali dell'energia (in collaborazione con qualche amministratore locale e dirigente sindacale), di costruire megacentrali ultra inquinanti a carbone, come a Rossano e Saline Joniche, o a biomasse già attive (Crotone, Strongoli, Cutro, Rende) o che vorrebbero realizzare (Mercure, Panettieri, area ex Sir di Lamezia Terme) o a turbogas (Altomonte, Rossano, Scandale e Rizziconi) o a biogas come a Castrolibero. Addirittura fino ad arrivare a spacciare come fonti rinnovabili l'inceneritore di Gioia Tauro. Il Ministero dell'Ambiente ha individuato nella nostra regione ben 4 siti per il deposito di scorie radioattive: non bastano quelle già nascoste tra i nostri monti, il mare e qualche discarica dalla 'ndrangheta. La catastrofe giapponese sembra quasi un monito a tutti noi a ricordare l’enorme pericolosità del nucleare, soprattutto in un territorio, come in un'area ad alto rischio sismico e che necessita di urgenti bonifiche e non di siti di scorie e veleni o di megaimpianti come il rigassificatore di Gioia Tauro. Ecco perché votare SÍ contro il nucleare è un dovere per questa terra. Siamo consapevoli però che questo appuntamento referendario, seppur importantissimo, da solo non può bastare. Siamo una terra sotto l'eterno ricatto del lavoro, ricatto con cui continuano a rifilarci eco-mostri e discariche con cui giustificano la svendita di territorio ed altri beni comuni. Per non citare le navi dei veleni, il ponte sullo stretto, la 106 della morte, l'autostrada del malaffare o lo smantellamento del trasporto pubblico. E pensare che, per esempio, basterebbe una gestione dei rifiuti partecipata che miri alla raccolta differenziata, al riciclo ed al riutilizzo, per creare centinaia di posti di lavoro in più di quanti ne possano garantire le tante discariche private sparse sul territorio. Lavoro dignitoso, duraturo, pulito, non quello sporco e umiliante con cui vorrebbero barattare il nostro territorio! Ma ancor di più un appuntamento referendario non può bastare quando, in nome delle emergenze, il nostro sistema democratico si inventa modelli autoritari, antidemocratici e che violano le nostre stesse leggi. Nella nostra regione non si potrà parlare di democrazia, non si potrà pensare di riportare l’ambito decisionale all’interno dei civici consessi, non si potranno immaginare soluzioni altre né fare proposte in merito alla dissennata quanto catastrofica gestione dei rifiuti, se prima non si pone fine all’eterno Commissariamento per l’emergenza ambientale. In Italia ormai è prassi commissariare tutto: basta che venga individuata un’emergenza, reale o presunta, e subito si da vita ad un commissariamento per affrontare la fase di crisi. È quello che è successo in Calabria nel 1997, quando venne nominato un Commissario incaricato di affrontare la situazione critica della gestione dei rifiuti e di ovviare all’incapacità di avviare una benché minima raccolta differenziata. Sono passati 14 anni e ancora siamo in fase di emergenza! L’istituto del Commissariamento è uno strumento antidemocratico che agisce in violazione delle stesse leggi dello Stato, che non ha prodotto il benché minimo risultato in termini di gestione dei rifiuti ed è servito solamente ad appaltare commesse milionarie in violazione della normativa comunitaria: sono stati letteralmente bruciati oltre un miliardo di euro e ancora i cassonetti delle nostre strade sono pieni di immondizia. La fine del Commissariamento permetterebbe di affrontare questa eterna emergenza in termini collettivi, superare definitivamente il ricorso alle discariche, ponendoci finalmente come obiettivo la risoluzione del problema, e non il suo protrarsi per continuare a garantire chi nell’emergenza si arricchisce. Per questo come RDT “Franco Nisticò” facciamo appello ai movimenti, ai comitati di cittadini, al mondo dell’associazionismo, ai sindacati, ai partiti politici, a quei sindaci che hanno ereditato convenzioni capestro e ora ne pagano le conseguenze, a tutti i calabresi per costruire insieme un grande percorso di mobilitazione che metta fine al Commissariamento per l'emergenza rifiuti. Consegnando la gestione dei beni comuni alle popolazioni calabresi. Delle nostre vite decidiamo noi.
La conferenza stampa di lancio della campagna si terrà a
Lamezia Terme (CZ) - c/o Grand Hotel Lamezia
il 29.04.2011 - ore 11.00
per info vai al sito della campagna
DELLE NOSTRE VITE DECIDIAMO NOI
Il concetto di democrazia presuppone il “governo del popolo”, in Italia quella che ci spacciano per democrazia è invece il governo delle multinazionali, delle SpA, delle grandi lobby di interesse, dei connubi politico-mafiosi. Il popolo, quello che dovrebbe governare, è invece assolutamente estraneo ai momenti decisionali, illuso di poter manifestare le proprie scelte nelle varie tornate elettorali. Ma anche il ruolo degli enti locali è oggi notevolmente ridimensionato, a causa di quelle che sono state considerate la panacea dei problemi di bilancio degli enti pubblici: le esternalizzazioni. La smania di sindaci e assessori vari di far quadrare i conti e di rientrare nel patto di stabilità, così come l’ideologia diffusa che privato sia sinonimo di efficienza, hanno prodotto negli ultimi anni una crescita esponenziale degli affidamenti dei servizi locali a società esterne, di tipo misto pubblico-privato o addirittura interamente private: manutenzioni, nettezza urbana, raccolta dei rifiuti, persino la riscossione delle imposte, sono adesso in mano a società private. Questo ha di certo alleggerito i bilanci comunali, ma ha comportato un aumento dei costi per i cittadini. E non secondariamente ha generato una rivoluzione negli ambiti decisionali: la discussione in merito alla gestione dei servizi è stata spostata dall’ambito pubblico, quello assembleare dei consigli comunali, a quello chiuso e impenetrabile dei consigli di amministrazione delle varie società. È quello che è successo in maniera emblematica nella nostra regione per quel che riguarda la gestione delle acque: oggi, la quasi totalità, dei nostri comuni comprano l’acqua potabile dalla Sorical, una società di tipo misto il cui partner privato è la francese Veolia, la più grande multinazionale al mondo per quel che riguarda i servizi idrici. Chiaramente la Veolia non è venuta a investire in Calabria per fare beneficenza e, per aumentare il suo profitto, si muove come meglio crede, senza controlli e senza indirizzi: contrae mutui di centinaia di milioni con banche ballerine, applica delle tariffe illegali, ricatta i comuni inadempienti, è arrivata persino alla chiusura dei rubinetti. Dobbiamo porre fine alla stagione delle società miste, alla privatizzazione dei servizi locali: dobbiamo tornare a gestioni interamente pubbliche, senza SpA e esigenze di bilancio. Questo non significa per noi il ritorno a quel “pubblico” sinonimo di inefficienze, di sprechi, di clientela e corruzione: noi immaginiamo un “pubblico” diverso, dove ci siano momenti partecipativi aperti ai cittadini e ai lavoratori, che in qualità di usufruenti e prestatori dei servizi ne conoscono direttamente pregi e difetti. Dobbiamo tornare a decidere noi sui nostri territori, a dare indicazioni sulle priorità gestionali e a controllare che vengano rispettate: nessun amministratore delegato di nessuna società metterà i nostri interessi avanti alle esigenze di bilancio! Il 12 e 13 di giugno sono due date importanti: abbiamo la possibilità, attraverso lo strumento del referendum, di bloccare la deriva privatistica dei servizi pubblici locali, oggi sempre meno pubblici e sempre meno servizi, e di segnare un punto di svolta. Certo negli ultimi anni si è assistiti ad una ridicolizzazione dello strumento referendario: sono infatti 16 anni che non viene raggiunto il quorum, con tornate elettorali spesso estive per dissuadere i cittadini dall’andare a votare. Votare SÍ non significa quindi solamente porre un freno alla privatizzazione dell’acqua, ma anche riappropriarci di uno strumento di democrazia e di partecipazione. Il 12 e 13 di giugno si voterà anche per un’altra importante questione: il ritorno al Nucleare. Con un atto di estrema arroganza che ha ribaltato l’esito del famoso referendum contro il nucleare del 1987, grazie al ricatto del voto di fiducia e l’ausilio di lacché del calibro di Umberto Veronesi e Chicco Testa, il governo Berlusconi ha deciso il ritorno del nucleare in Italia. La Calabria è una regione che da decenni fornisce al resto del paese più della metà dell'energia che produce. Nonostante questo, vari territori sono costretti a difendersi dal tentativo delle multinazionali dell'energia (in collaborazione con qualche amministratore locale e dirigente sindacale), di costruire megacentrali ultra inquinanti a carbone, come a Rossano e Saline Joniche, o a biomasse già attive (Crotone, Strongoli, Cutro, Rende) o che vorrebbero realizzare (Mercure, Panettieri, area ex Sir di Lamezia Terme) o a turbogas (Altomonte, Rossano, Scandale e Rizziconi) o a biogas come a Castrolibero. Addirittura fino ad arrivare a spacciare come fonti rinnovabili l'inceneritore di Gioia Tauro. Il Ministero dell'Ambiente ha individuato nella nostra regione ben 4 siti per il deposito di scorie radioattive: non bastano quelle già nascoste tra i nostri monti, il mare e qualche discarica dalla 'ndrangheta. La catastrofe giapponese sembra quasi un monito a tutti noi a ricordare l’enorme pericolosità del nucleare, soprattutto in un territorio, come in un'area ad alto rischio sismico e che necessita di urgenti bonifiche e non di siti di scorie e veleni o di megaimpianti come il rigassificatore di Gioia Tauro. Ecco perché votare SÍ contro il nucleare è un dovere per questa terra. Siamo consapevoli però che questo appuntamento referendario, seppur importantissimo, da solo non può bastare. Siamo una terra sotto l'eterno ricatto del lavoro, ricatto con cui continuano a rifilarci eco-mostri e discariche con cui giustificano la svendita di territorio ed altri beni comuni. Per non citare le navi dei veleni, il ponte sullo stretto, la 106 della morte, l'autostrada del malaffare o lo smantellamento del trasporto pubblico. E pensare che, per esempio, basterebbe una gestione dei rifiuti partecipata che miri alla raccolta differenziata, al riciclo ed al riutilizzo, per creare centinaia di posti di lavoro in più di quanti ne possano garantire le tante discariche private sparse sul territorio. Lavoro dignitoso, duraturo, pulito, non quello sporco e umiliante con cui vorrebbero barattare il nostro territorio! Ma ancor di più un appuntamento referendario non può bastare quando, in nome delle emergenze, il nostro sistema democratico si inventa modelli autoritari, antidemocratici e che violano le nostre stesse leggi. Nella nostra regione non si potrà parlare di democrazia, non si potrà pensare di riportare l’ambito decisionale all’interno dei civici consessi, non si potranno immaginare soluzioni altre né fare proposte in merito alla dissennata quanto catastrofica gestione dei rifiuti, se prima non si pone fine all’eterno Commissariamento per l’emergenza ambientale. In Italia ormai è prassi commissariare tutto: basta che venga individuata un’emergenza, reale o presunta, e subito si da vita ad un commissariamento per affrontare la fase di crisi. È quello che è successo in Calabria nel 1997, quando venne nominato un Commissario incaricato di affrontare la situazione critica della gestione dei rifiuti e di ovviare all’incapacità di avviare una benché minima raccolta differenziata. Sono passati 14 anni e ancora siamo in fase di emergenza! L’istituto del Commissariamento è uno strumento antidemocratico che agisce in violazione delle stesse leggi dello Stato, che non ha prodotto il benché minimo risultato in termini di gestione dei rifiuti ed è servito solamente ad appaltare commesse milionarie in violazione della normativa comunitaria: sono stati letteralmente bruciati oltre un miliardo di euro e ancora i cassonetti delle nostre strade sono pieni di immondizia. La fine del Commissariamento permetterebbe di affrontare questa eterna emergenza in termini collettivi, superare definitivamente il ricorso alle discariche, ponendoci finalmente come obiettivo la risoluzione del problema, e non il suo protrarsi per continuare a garantire chi nell’emergenza si arricchisce. Per questo come RDT “Franco Nisticò” facciamo appello ai movimenti, ai comitati di cittadini, al mondo dell’associazionismo, ai sindacati, ai partiti politici, a quei sindaci che hanno ereditato convenzioni capestro e ora ne pagano le conseguenze, a tutti i calabresi per costruire insieme un grande percorso di mobilitazione che metta fine al Commissariamento per l'emergenza rifiuti. Consegnando la gestione dei beni comuni alle popolazioni calabresi. Delle nostre vite decidiamo noi.
La conferenza stampa di lancio della campagna si terrà a
Lamezia Terme (CZ) - c/o Grand Hotel Lamezia
il 29.04.2011 - ore 11.00
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