Ora blocchiamo l’ampliamento della discarica di Pianopoli e si revochi la concessione dell’impianto di Lamezia Terme
E’ proprio di
queste giorni la notizia degli arresti ‐ nell’ambito dell'inchiesta “Black
Smoke” sulle attività di mancata bonifica dell'ex Sisas di Pioltello‐Rodano (MI) – di
sei persone tra le quali Francesco Colucci, presidente del gruppo Unendo SpA, l'holding
a capo della bonifica tramite la Daneco Impianti, e Bernardino Filipponi,
amministratore unico di quest'ultima. La stessa Daneco che gestisce la discarica di Pianopoli e l’impianto di lavorazione e selezione
situato nell’area industriale di Lamezia
Terme.
L’indagine, durata più di
due anni, ha evidenziato tra le tante
cose, l’esistenza di un traffico e smaltimento illecito di rifiuti in
siti di proprietà della Daneco, previa falsa declassificazione degli stessi da
pericolosi a non pericolosi e collusioni a vario titolo con la criminalità in
Lombardia, Calabria, Campania e Sicilia. Questo unito alle ordinanze in deroga
del Presidente Scopelliti per lo sversamento tal quale dei rifiuti, ci fa
sorgere forti dubi su cosa sia stato realmente abbancato, in questi ultimi
anni, nella discarica di Pianopoli.
Oggi, aldilà delle
vicende giudiziarie, sembra che le ragioni e le lotte del comitato no discarica
di Pianopoli e delle tante realtà ambientaliste che si sono affiancate in
questi ultimi dieci anni nei cortei, presidi e blocchi stradali contro questo e
i tanti altri scempi ambientali, abbiano avuto, se ce ne fosse ancora bisogno, una
prima conferma.
Queste lotte oggi,
dopo gli arresti della Daneco e della Sorical, non sembrano più roba da
marziani o fisime dei “soliti ambientalisti” e le stesse diffide, pervenuteci nel
2011 dagli avvocati dei Colucci per aver pubblicato sui nostri blog un dossier riguardanti
i loro loschi affari, ci fanno solo sorridere.
I fatti di cronaca delle
ultime ore, quindi, non possono che rafforzare i motivi del no di ieri alla
realizzazione della discarica e del suo ampliamento oggi.
Pianopoli, insieme
a Alli e alla costruenda Battaglina sono il chiaro esempio di come oggi in
Calabria il ciclo dei rifiuti sia divenuto il “core business”
dell’imprenditoria locale, multinazionale e della ‘ndrangheta foraggiati da
pubbliche amministrazioni molto generose quando si tratta di far arricchire i
propri accoliti.
Riprova lo è il
nuovo piano di interventi messo in campo dalla Regione Calabria che con uno
stanziamento di circa 250 milioni di euro mira, di fatto, a potenziare l’inceneritore
di Gioia Tauro e realizzare nuove discariche ed impianti già in mano a privati
senza prevedere nessun fondo, ad esempio per la raccolta differenziata, per il
riciclo ed il riuso.
Per questo continueremo
la nostra mobilitazione contro questi mega impianti, dentro ed affianco le
comunità in lotta perché nessun profitto sia fatto sulla pelle e la salute di
centinaia di migliaia di cittadini i quali però – coscienti dei pericoli che
comporta vivere in prossimità di una discarica di rifiuti – reagiscono
mobilitandosi in massa con la consapevolezza, appunto, della necessità di
contrastare duramente la realizzazione di mega opere che devastano il
territorio e minacciano la salute degli abitanti.
Oggi è urgente un
cambio di rotta: una gestione pubblica e partecipata dagli abitanti/utenti e
lavoratori del servizio, zero discariche, zero inceneritori, raccolta differenziata
spinta “porta a porta”, promozione e sostegno del programma “Rifiuti Zero”, un
piano industriale per il riciclo ed il riuso, sono le uniche opere che
vogliamo.
In quest’ottica
stiamo lavorando, assieme alle realtà ambientaliste di Pianopoli e Serrastretta
ad una Assemblea Popolare, che si terrà giorno 8 febbraio, con l’obiettivo di
rilanciare la vertenza contro l’ecomostro della Daneco.
LSOA Ex Palestra
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