Un
ecomostro da 3 milioni di metri cubi!
Il 9 gennaio un grande
corteo ha invaso il piccolo centro di Borgia, un comune dell’entroterra calabrese,
per chiedere il blocco dei lavori della costruenda discarica che sta sorgendo a
pochi chilometri dal centro abitato. Diverse migliaia di persone sono scese in
piazza contro chi ha voluto questo mega impianto spacciato per isola ecologica dalla
Sirim srl, la società proponente e futuro gestore.
La vertenza chiaramente è
solo agli inizi ed i comitati in lotta hanno dato prova di grande autonomia e
di forte capacità di mobilitazione riuscendo a portare allo scoperto le tante
responsabilità della Regione, della Provincia e dei comuni interessati.
Oggi le stesse amministrazioni
locali corrono ai ripari scaricando le responsabilità su chi li ha preceduti
nella gestione della cosa pubblica ed approvando – sotto, chiaramente, la forte
ed imponente pressione dei comitati no discarica sorti nel frattempo – delibere
di revoca delle autorizzazioni ed esposti alla Procura della Repubblica.
Quest’ultima, nel frattempo,
ha riaperto il fascicolo sul caso Battaglina frettolosamente archiviato nel
2012.
Si, perché la storia di
questa discarica, che interessa principalmente due comuni dell’istmo di
Marcellinara, San Floro e Borgia (come proprietario dell’agro), assume
connotati che sfociano nell’assurdo sin dalla semplice denominazione - “Isola
Ecologica di Battaglina” - che di ecologico non ha nulla visto che si tratta
effettivamente di una discarica di rifiuti tra le più grandi d’Europa, con una
capacità di abbanco di circa 3milioni di metri cubi.
Già nel gennaio del 2011 il
Corpo Forestale aveva sequestrato il cantiere bloccando i lavori perché
realizzati su un sito sottoposto a vincolo in quanto terreno attraversato da
fuoco perché, appunto, colpito da un fortissimo incendio che distrusse diversi
ettari di macchia mediterranea.
Malgrado il colpevole
assenso di tecnici e amministratori dei Comuni di San Floro e Borgia, della
Provincia di Catanzaro e della Regione Calabria, nel corso dei controlli
effettuati, la Forestale aveva accertato che i lavori iniziati per la
realizzazione della discarica (che in apparenza era in possesso di tutti i
requisiti, le autorizzazioni ed i nulla osta previsti) in realtà erano in
palese violazione di numerose norme e leggi vigenti.
Durante la visione degli
atti sequestrati fu messo in evidenza che la Sirim Srl aveva avviato la
realizzazione della discarica presentando gran parte degli atti e della
documentazione, necessaria per l'acquisizione delle autorizzazioni e dei nulla
osta previsti, palesemente falsa. Solo così infatti era stato possibile
superare i vincoli inibitori esistenti quali quello idrogeologico e,
soprattutto, quello previsto dalla Legge 353/2000 derivante dall'incendio
boschivo che, come accennavamo prima, ha interessato l’area nel 2007.
Qualcuno dotato di
particolare malizia potrebbe a questo punto rimarcare che l’incendio sia stato
funzionale a creare le condizioni per degradare a tal punto l’area da poterci
realizzare sopra solo una discarica. Ma queste considerazioni le lasciamo ai
malpensanti!
Così la Sirim Srl nel marzo del
2013 ha riaperto il cantiere in virtù di un decreto di compatibilità ambientale
vecchio di 4 anni e questo perché il procedimento penale è stato archiviato nell’ottobre
del 2012 nonostante l’intervento della Forestale e, soprattutto, il
pronunciamento della Corte di Cassazione Penale la quale, con sentenza n.16592
del 31.03.2011, rigettava il ricorso del legale rappresentante della Sirim Srl
contro il provvedimento di sequestro.
L’impianto ha una capacità
totale di interramento di circa 3 milioni di metri cubi con un limite di
conferimento di 300 tonnellate/giorno. Questa enorme buca sta sorgendo su un
terreno che dal punto di vista sismico ed idrogeologico presenta diverse
criticità, a partire dalla sua elevata permeabilità. Ciò comporterà
inevitabilmente fenomeni di liquefazione durante un eventuale evento sismico e
di infiltrazione di percolato che andrà ad inquinare le falde acquifere delle
sorgenti che alimentano i serbatoi di acqua potabile che viene quotidianamente utilizzata
per bere, cucinare e lavare. Marmoro-Giardinelli, Catano-Barone, Limbè,
Migliarese-Maricello, Vrisa, Vattindieri, questi sono i nomi delle principali
sorgenti che captano l’acqua proprio dalle falde che passano sotto la
discarica.
Se al fenomeno dell’inquinamento da percolato aggiungiamo anche qualche “fenomeno
collaterali” come quello delle neoplasie che frequentemente colpiscono i
cittadini che vivono nei pressi delle discariche, allora il quadro diventa
veramente fosco ed allarmante.
Sono tanti, quindi, i comuni interessati agli effetti di questo
ecomostro, e questo, in parte, spiega l’imponente corteo di Borgia e le tante
adesioni di abitanti, associazioni, collettivi ed organizzazioni ambientaliste
ai comitati no discarica.
Ma alla vastità del progetto e della popolazione, va principalmente aggiunto
l’importante e fondamentale lavoro di controinformazione dal basso e di
mobilitazione che hanno svolto i comitati territoriali.
Tutelare l’equilibrio ecologico del posto per poterlo consegnare alle
future generazioni è fondamentalmente ciò che lega tutti i soggetti che si
stanno mobilitanti in queste settimane contro la discarica.
Intere comunità in lotta anche contro chi sta tentando di mettere il
cappello alle mobilitazioni, perché si sa, quanto c’è odore di elezioni nell’aria
(che oggi per molti cittadini è insopportabile quasi come l’olezzo che produce
la discarica) tutti improvvisamente diventano ambientalisti e si scherano a
fianco dei cittadini dimenticandosi delle loro (dirette o indirette)
responsabilità sulla vicenda.
Così succede che Pd, M5S e CGIL escano con delle proposte e posizioni subito
rispedite al mittente dai comitati in lotta, e quando si accorgono di avere
tutta lo loro comunità di riferimento sostanzialmente contro, cercano di
correre ai ripari con rettifiche e conferenze stampa.
Intanto il 16 gennaio il comitato confluisce di nuovo in piazza con
migliaia di persone per presidiare il consiglio comunale di Borgia; anche in
questo caso non sono mancati forti momenti di tensione contro gli
amministratori locali rei di posizioni non del tutto limpide rispetto alla
vicenda Battaglina.
Nello stesso giorno anche la Regione Calabria, dietro la grande pressione
popolare, avvia formalmente l’iter di sospensione della Autorizzazione Integrata
Ambientale alla Sirim Srl.
Questi primissimi passi (non sufficienti a scongiurare la realizzazione
dell’ecomostro) dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che più di ogni
altra iniziativa, quella della mobilitazione di massa risulta oggi l’unica arma
vincente che le comunità in lotta hanno per ribaltare a proprio vantaggio i
rapporti di forza.
Provando poi ad ampliare l’analisi, uscendo dal contesto strettamente
locale, la discarica della Battaglina si andrà, chiaramente, ad inserire in
un’area già irrimediabilmente devastata da due discariche, quella di Pianopoli
e di Alli, e da un mega parco eolico già soggetto ad inchieste per presunte
truffe in odor di ‘ndrangheta.
A breve, se non si riuscisse a bloccare il nuovo impianto della
Battaglina ed il previsto ampliamento di Pianopoli, l’area potrebbe accogliere
oltre 5 milioni di metri cubi di rifiuti, divenendo di fatto il cuore del
sistema rifiuti in Calabria e ciò sarebbe accolto con grande soddisfazione da
chi in questi anni con il sistema rifiuti regionale ha fatto cassa!
E’ proprio a livello regionale, infatti, che emerge chiaramente il disegno
politico della Giunta Scopelliti che con un imponente finanziamento di circa 250
milioni di euro continuerà a potenziare discariche, impianti TBM ed
inceneritori senza neanche l’ombra di un centesimo per la raccolta
differenziata e per progetti di riduzione, riciclo e riuso dei rifiuti! Questi
soldi, ancora una volta finiranno nelle tasche di ‘ndranghetisti e losche
figure dell’imprenditoria regionale e multinazionale.
D’altronde 15 anni di commissariamento per l’emergenza rifiuti in
Calabria sono serviti soltanto per l’arricchimento di questi soggetti portando
l’ammontare dei finanziamenti ricevuto ad oltre 1000 milioni di euro e facendo
scivolare il sistema al collasso più completo tant’è che il Presidente
Scopelliti “si è visto costretto” ad emettere due ordinanze in deroga per
permettere l’abbanco tal quale visto l’enorme quantità di rifiuti che giacevano
per le strade della regione. Questo ha comportato lo sversamento illecito dei
rifiuti senza il trattamento obbligatorio. Cosa è stato conferito in discarico
lo lasciamo immaginare al lettore, d’altronde tra navi dei veleni e rifiuti
interrati negli alvei dei fiumi e tra le nostre montagne non è difficile
immaginare cosa sia potuto arrivare nelle discariche calabresi.
Inevitabilmente questa battaglia si intreccia con le tante vertenze
portate avanti in quest’ultimo decennio, dai tanti comitati contro la
privatizzazione dell’acqua riuniti nel Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno
Arcuri”.
La Sorical SpA società mista pubblico-privata, ora in liquidazione, che
gestiste gli acquedotti e vende l’acqua all’ingrossa a gran parte dei comuni
calabresi, ha avuto come partener privato la Veolia, colosso francese che in
Calabria gestiva anche alcune discariche nonché l’inceneritore di Gioia Tauro.
Le vicende di questo colosso e della Sorical SpA sono lunghe e per un approfondimento
rimandiamo al sito del coordinamento (www.abccalabria.org)
ma sicuramente va ricordato che anche in questo caso la popolazione calabrese
non è stata a guardare.
Diverse iniziative, infatti, hanno visto impegnati i movimenti e la
popolazione uniti contro le truffe delle tariffe illegittime e la
privatizzazione del servizio idrico.
La recente campagna di raccolta firme per una legge regionale di
iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, sostenuta
da 11mila firme di cittadini calabresi, ha per l’ennesima volta ribadito il
volere delle comunità calabresi che, dal 2011 in poi si mobilitano contro i
tentativi di usurpazione dell’esito referendario e di far profitti sui beni che
appartengono alla collettività.
Resta comunque chiaro che oltre trent’anni di ubriacatura neoliberista
hanno portato non soltanto un assalto del capitale ai beni collettivi con ricadute
sulla salute e sulla qualità dei servizi pubblici, ma anche un cambio di
lessico da parte del mercato: oggi le imprese della green economy parlano di
energia da fonti rinnovabili e di isole ecologica propinandoci mega impianti
eolici, fotovoltaici e discariche che, di verde ed ecologico hanno ben poco, ma
hanno come chiaro ed incontrovertibile obiettivo quello del profitto.
La Calabria, come la gran parte delle regioni del Mezzogiorno, ha un
esubero produttivo di energia elettrica pari al 78% rispetto al fabbisogno
interno, questo implica che i mega impianti eolici e fotovoltaici realizzati in
questi anni senza neussun vincolo urbanistico-ambientale, vanno ad ingrossare
le casse del già ricco mercato privato dell’energia.
Oggi battersi contro questi mega impianti vuol dire anche provare a
cambiare paradigma produttivo mettendo al centro non il profitto di pochi ma la
saluti e gli interessi generali delle comunità che da anni si battono contro le
privatizzazioni e per la riappropriazioni e socializzazione dei cosiddetti beni
comuni.
Occorre però un salto di qualità per andare oltre la difesa del proprio
territorio, di per se già molto importante. Ai no contro la discarica di
Battaglina, alle altre discariche e alla privatizzazione del servizio idrico,
va affiancato un percorso partecipativo e dal basso che riporti le comunità e i
tanti comitati in lotta ad essere soggetti centrali e fondamentali dei processi
decisionali, politici ed economici. Non
più solo soggetti consultivi senza nessun peso decisionale ma soggetti attivi
che decidono il futuro della propria vita. In questo senso un soggetto pubblico,
partecipato dalle comunità e dai lavoratori del servizio potrebbe essere un
primissimo antidoto contro forme di burocratizzazione che hanno portato in
passato la gestione pubblica ed essere spesso simbolo di spreco ed inefficienza.
Niente deleghe in bianco quindi ma promozione di forme di autogoverno ed
autogestione a partire da progetti concreti sulla raccolta differenziata con
programmi industriale su scala locale per il riciclo ed il riuso dei rifiuti.
fonte: communianet.org
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