l "Decreto Madia" (Testo unico sui servizi pubblici locali di
interesse economico generale), se non sarà modificato durante il suo iter,
cancellerà completamente gli esiti della vittoria referendaria del 2011 sulla
gestione dell'acqua e dei servizi pubblici.
Il testo attuale infatti è un vero manifesto liberista che punta allo stesso
obiettivo del Decreto Ronchi: prevede l’obbligo di gestione dei servizi a rete
(acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa l’”adeguatezza
della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti, nell’esatta
dicitura abrogata dal voto referendario.
Prima di
fine giugno, quando il decreto completerà il suo iter, sarà necessario
rispondere con una vera e propria sollevazione dal basso, con iniziative di contrasto
in tutti i territori.
Come prima momento di mobilitazione
il Comitato Lametino Acqua Pubblica chiede al Sindaco ed al consiglio comunale
l’approvazione di un ordine del giorno in sostegno alla Campagna STOP MADIA ed
un consiglio comunale aperto, da convocare entro 30
giorni dall’approvazione dall’ordine del giorno, per informarla sui temi in
oggetto e per decidere insieme alla comunità locale le ulteriori iniziative da
intraprendere, in direzione del riconoscimento dell’autonomia di scelta degli
enti locali e del riconoscimento della volontà popolare democraticamente
espressa.
Questo il
testo dell’o.d.g. che il Comitato provvederà a depositare nei prossimi giorni
al Sindaco ed al Presidente del Consiglio:
CAMPAGNA STOP MADIA
Il Consiglio Comunale di Lamezia Terme
Premesso che
in data 12-13 giugno
2011, oltre 26 milioni di cittadini italiani hanno votato “SI” a due referendum
inerenti i servizi pubblici locali, abrogando l’obbligo di privatizzazione per
la gestione degli stessi (primo quesito) ed eliminando dalla tariffa, per
quanto riguarda il servizio idrico integrato, la quota relativa all’“adeguatezza della remunerazione del capitale
investito” (secondo quesito);
con tale pronunciamento,
si restituiva ai Comuni singoli e/o associati la facoltà di scegliere, nell’ambito
della normativa comunitaria, che non prevede discriminazioni fra le diverse possibilità,
le modalità di gestione dei servizi pubblici locali e, per quanto riguarda il
servizio idrico, si delineava una gestione priva di fini di lucro;
Considerato che
l’esito referendario è
stato il risultato di un grande processo di partecipazione popolare sul tema dell’acqua
e dei beni comuni, che ha visto già nel 2007 la presentazione, corredata da
oltre 400.000 firme, della legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela,
il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la
ripubblicizzazione del servizio idrico”;
in data 07.05.2012 con
deliberazione n°6 il consiglio comunale ha approvato la modifica dello Statuto
Comunale per come proposto dal Comitato Lametino Acqua Pubblica tramite la
delibera di iniziativa popolare. In particolare la modifica ha introdotto
all’art. 2 il comma “e” che recita: L'acqua è un bene comune, un diritto umano universale non assoggettabile
a meccanismi di mercato e non mercificabile. L'accesso all'acqua potabile è un diritto umano, universale,
inalienabile. La proprietà e la gestione
del servizio idrico devono essere pubbliche e improntate
a criteri di equità, solidarietà (anche in rapporto alle generazioni future) e rispetto degli equilibri ecologici. Il servizio idrico integrato è un servizio pubblico essenziale di
interesse generale e finalizzato a garantire
l'accesso all'acqua per tutti, il bene acqua non è mercificabile e il minimo vitale deve essere garantito a chiunque.";
Visto
lo schema di decreto
legislativo di esercizio di una delle deleghe legislative di cui alla l. n. 124
del 2015 (c.d. Legge Madia) recante “Testo
unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale” di
prossima approvazione da parte del Consiglio dei Ministri;
Rilevato che
· fra gli obiettivi di
tale decreto viene indicata “la riduzione della gestione pubblica ai soli casi
di stretta necessità” (Analisi di Impatto della Regolamentazione sez.1, paragrafo
B, allegata al testo di legge);
· viene indicata come
obbligatoria la gestione attraverso società per azioni dei “servizi pubblici locali
di interesse generale a rete” (art. 7, comma 1);
· vengono poste
fortissime limitazioni anche all’utilizzo della gestione attraverso società per
azioni a totale capitale pubblico (art. 7, commi 3-6);
· viene reintrodotta
nella tariffa la quota relativa all’”adeguatezza della remunerazione del capitale
investito”, nell’esatta dicitura abrogata dal voto referendario del giungo
2011;
Considerato che
· i principi introdotti
dal “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”
sono in diretto contrasto con quanto affermato nel pronunciamento referendario del
giugno 2011;
· i medesimi principi
limitano la normativa comunitaria in materia che non prevede discriminazioni
fra gestioni dirette, attraverso enti di diritto pubblico, e gestioni
attraverso S.p.A. dei servizi pubblici locali;
· i medesimi principi
sono in diretto contrasto con l’art. 19 della Legge Delega n. 124/2015, che al
comma 1, lettera c) così recita: “individuazione della disciplina generale in
materia di regolazione e organizzazione dei servizi di interesse economico
generale di ambito locale (..) tenendo conto dell’esito del referendum
abrogativo del 12 e 13 giugno 2011”;
Assunto inoltre che
il “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”
rappresenta una compressione dell’autonomia degli enti locali nelle scelte relative
alla gestione di servizi fondamentali per la cittadinanza come i servizi
pubblici locali;
Delibera
a) di chiedere al
Sindaco di farsi interprete verso tutte le sedi opportune (ANCI, Regione, Governo)
della richiesta di ritiro del “Testo unico sui servizi pubblici locali di
interesse economico generale”, così come formulato;
b) di chiedere al
Sindaco di farsi interprete verso tutte le sedi opportune (ANCI, Regione, Governo)
della richiesta dell’apertura di una discussione ampia sul ruolo degli enti
locali nell’erogazione e gestione dei servizi pubblici locali, a partire dalla
ridiscussione del patto di stabilità interno e del pareggio di bilancio, nonché
della necessità di applicazione di quanto stabilito in merito dall’esito del
referendum popolare del giugno 2011;
c) di convocare, entro
30 giorni dall’approvazione del presente ordine del giorno, un Consiglio
Comunale aperto alla cittadinanza, per informarla sui temi in oggetto e per
decidere insieme alla comunità locale le ulteriori iniziative da intraprendere,
in direzione del riconoscimento dell’autonomia di scelta degli enti locali e
del riconoscimento della volontà popolare democraticamente espressa.
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